«Sa cosa vogliono dire 230mila accessi illeciti in tre anni? Significano un accesso ogni 81 secondi: per sette ore al giorno, cinque giorni alla settimana, undici mesi all'anno. Per tre anni. Senza neanche alzarsi per andare in bagno». A fare i conti del lavoro immane che sta dietro la «macchina dei dossier» infiltrata nella Direzione nazionale antimafia è stato Gianluca Cantalamessa, deputato leghista, membro della commissione Antimafia. Anche lui ieri era in aula, a sentire la prima parte dell'audizione di Giovanni Russo, il magistrato che all'epoca in cui Pasquale Striano saccheggiava le banche dati era il vicecapo della Dna. Ma proprio per capire in concreto come funzionasse il metodo Striano, Cantalamessa si è messo alla calcolatrice. E ha scoperto una intensità da catena di montaggio. «O era ossessionato, o ci sono altre persone che l'hanno aiutato».
Come un attività illegale possa essere proseguita indisturbata per tre anni è una delle domande che ieri incombevano sull'audizione di Russo, additato dai parlamentari grillini come il responsabile diretto delle attività di Striano e del pm Antonio Laudati («su tutto il lavoro di Laudati vi era il controllo e la vigilanza di Russo»). Ieri Russo ha lasciato il cerino al suo sottoposto: «Io non avevo alcun controllo, il controllo era lasciato al magistrato incaricato, che in questo caso era Laudati». Sopra Russo, il capo - e creatore dell'ufficio - era però Federico Cafiero de Raho, oggi deputato dei 5 Stelle e vicepresidente dell'Antimafia: «Alla audizione di Russo - racconta Cantalamessa - Cafiero non si è presentato. Bene. Sarebbe stata una offesa alla commissione, Cafiero avrebbe potuto provare ad accertare cose che lo riguardano direttamente sfruttando la sua posizione».
L'audizione di Russo riprenderà alla prossima seduta, con le domande dei membri della commissione. Che nel frattempo avranno tempo di continuare l'esame della enorme documentazione arrivata da Perugia, quella da cui emerge il dato delle 230mila visure illegali. «Noi - dice ancora Cantalamessa - intendiamo andare fino in fondo, per tutelare non solo i parlamentari finiti nei dossier ma anche le innumerevoli persone non esposte politicamente che hanno visto violata la loro privacy. Quando avremo finito di leggere i documenti chiederemo di sentire ancora il procuratore Cantone e certamente anche altri». Sarà sufficiente il lavoro dell'Antimafia, o sulla «macchina dei dossier» servirà una commissione d'inchiesta, come ha ipotizzato Matteo Salvini? «Se non sarà sufficiente il lavoro della Commissione utilizzeremo qualunque strumento per tutelare la democrazia, perchè quanto è accaduto è degno di una dittatura sudamericana del secolo scorso».
Certo, più crescono le dimensioni dello scandalo e più diventa cruciale capire quale fosse il movente di Striano. «Non ci sono movimenti di soldi - ragiona Cantalamessa - e questa è la cosa più inquietante. Qualcuno ha beneficiato di un attacco alla democrazia compiuto in uno dei palazzi che rappresentano la sicurezza e la legalità, e questo non è stato certo fatto per aiutare un paio di cronisti amici.
Mettiamo i fatti in sequenza: si passa da un momento in cui Palamara che dice a un collega Salvini va attaccato", si passa per le migliaia di accessi abusivi ai danni soprattutto della Lega, si arriva alla richiesta di condannare Matteo Salvini a sei anni di carcere. Se c'è un fil rouge, scopriremo chi lo ha tirato».
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