Terremoto a Repubblica. Con un blitz a sorpresa, di cui però già si rumoreggiava, il direttore Maurizio Molinari ha ricevuto il benservito. Al suo posto, da lunedì 7 ottobre, arriva Mario Orfeo: sarà dunque lui a guidare il principale quotidiano del gruppo Gedi.
Il ribaltone però non si ferma al direttore, ma si estende anche ai vertici della casa editrice: il presidente John Elkann, infatti, si farà da parte lasciando la poltrona a un suo fedelissimo, Maurizio Scanavino, che a sua volta cede il ruolo di amministratore delegato a Gabriele Comuzzo (ex vice di Scanavino). Per l'ormai ex direttore Molinari, invece, si profila il ruolo di collaboratore ed editorialista. Ermetico e istituzionale il commento di Elkann: «Gedi oggi è uno dei protagonisti europei della trasformazione digitale, con un perimetro di attività chiaro, centrato su intrattenimento e giornalismo di qualità. I cambiamenti organizzativi annunciati permetteranno maggiore focalizzazione e rigore nella gestione del gruppo». Fin qui, dunque, i fatti di cronaca, che si prestano tuttavia a diversi piani di lettura. La prima riflessione - politica - la si può ricavare nel profilo di Orfeo, una figura tutt'altro che estremista. Prova ne è che fu Mario Monti - a capo di un governo tecnico di larghe intese - a farlo direttore del Tg1, nella testata della tv pubblica storicamente più vicina al punto di vista governativo. Lui è uomo del dialogo, vicino alla sinistra, ma capace di parlare anche ai moderati di destra. A Roma direbbero «un gran paraculo». Non fosse così non sarebbe mai stato il primo giornalista ad avere diretto tutti e tre i tg della Rai. Avere scelto proprio lui, per la famiglia Agnelli-Elkann potrebbe significare abbandonare l'approccio di intransigente e radicale opposizione degli ultimi due anni, per spostarsi su un'area di centro-sinistra, di certo sempre critica, ma di sicuro più moderata e riflessiva. In questo potrebbe avere avuto un ruolo anche la situazione di crisi di Stellantis, che sta attraversando un periodo di dialettica accesa con il governo sui livelli produttivi da assicurare all'Italia.
Ma il ribaltone arriva anche nel contesto di un periodo di ebollizione della redazione di Repubblica, che negli scorsi mesi era arrivata a votare la sfiducia al direttore Molinari, dopo l'episodio delle 100mila copie di Affari e Finanza stoppate e messe al macero per un articolo sui legami sbilanciati tra Italia e Francia sulla politica industriale. Il cdr di Repubblica non commenterà prima di lunedì, ma certo la svolta era stata a lungo auspicata. Molinari è stato più volte criticato per essere una figura non in grado di mettere a terra un giornale di opposizione dura e senza sconti. Premesso che francamente non si comprende che altro potrebbe fare il quotidiano romano in questa direzione, la svolta arrivata non sembra aver esaudito le aspettative. Quanto a Scanavino, la sua sostituzione era stata da tempo richiesta in quanto si riteneva che il suo duplice ruolo di ad della Juventus e di Gedi lo rendesse un manager a mezzo servizio. Non adatto, quindi, a risollevare un gruppo che nel 2023 ha perso l'astronomica cifra di 103 milioni (e tra l'altro ha in corso uno stato di crisi in cui ha chiesto 46 prepensionamenti tra i giornalisti). Il culmine della tensione è stato raggiunto la scorsa settimana, con i due giorni di sciopero proprio in occasione dell'Italian Tech Week (evento a cui Elkann teneva molto), che potrebbe avere affrettato i tempi di una decisione già in cammino. È peraltro diffusa la voce secondo cui Exor potrebbe defilarsi, dopo avere venduto i giornali locali e il Secolo XIX.
Di recente l'ipotesi è stata negata, ma che il giornale sia in vendita è cosa vecchia di un anno. Non trovano granchè credito, invece, le voci secondo cui a Repubblica sarebbe interessata la Caltagirone Editore, sebbene lo stesso Orfeo vanti un passato alle direzioni prima del Mattino e poi del Messaggero.
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