Milano - Due facce, una diversa dall'altra. Criticata quella prima di Leverkusen, ammirata la seconda: sono troppe per un Milan ancora a caccia di una precisa identità tecnica e tattica. «Non si cambia in 3-4 giorni lo spirito di una squadra e lo dico senza voler dare giudizi sulla gestione precedente» spiega e precisa Fonseca che non vuole tirare in ballo Stefano Pioli anche se continua a scavare differenze tra il suo calcio - più collettivo - e quello di Pioli - puntato sul talento singolo -. Dalla Champions il Milan è tornato con queste due facce che consentono ai criticoni di sottolineare la prima e ai meno severi di valorizzare la seconda, meritevole di un diverso punteggio e risultato. «Siamo delusi e arrabbiati» informa il tecnico portoghese che continua a percorrere la sua strada anche dinanzi al bivio fiorentino che impone altri rischi e altri piani-partita. «Dobbiamo in fretta passare da un rivale che gioca di posizionamento (Bayer, ndc) a uno (i viola) che marca a uomo» la descrizione efficace dedicata appunto alla Fiorentina che storicamente è un rivale scomodo come documentano numerosi precedenti.
Per l'occasione il Milan decide di non cambiare. Un po' per necessità (la lista degli infortunati: Calabria, Loftus Cheek e Jovic oltre a Florenzi e Sportiello) e un po' per fede nel tentativo, dichiarato, di cementare l'intesa con lo schieramento base nel quale interviene Morata dal primo minuto al fianco di Abraham (e in panchina spunta il baby Camarda insieme ai ragazzi di Milan Futuro Zeroli e Jimenez). «Ma il vero Milan è ancora lontano» continua Fonseca consapevole delle aspettative gigantesche e della mini-fuga del Napoli di Conte. Di tempo a disposizione non ne ha granché: questo è sicuro. Così come è garantito che qualche rimorso comincia a circolare nel corpaccione del tifo rossonero per la cessione, frettolosa, di Kalulu alla Juve, rinforzando così una rivale, errore da non commettere mai. «Ora Kalulu gioca nella Juve e quando era qui voleva giocare» la timida osservazione di Fonseca, un tentativo di difendere quella scelta del management (Moncada in particolare) spiegabile solo con la mancanza di esperienza in materia.
Resta alla fine il mistero dell'accantonamento di Pavlovic, arrivato tra squilli di tromba, segnalato come l'unico pilastro di una difesa sbrindellata, autore del gol all'Olimpico con la Lazio, e poi finito dietro la lavagna. La spiegazione ufficiale è la seguente: «Perché voglio dare continuità allo stesso schieramento». Strategia che dovrà poi fare i conti con il turn over quando arriveranno gli impegni uno dopo l'altro, senza un attimo di sosta.
E forse per questo esplicito motivo lo staff si prepara a cambiare le abitudini di Musah trasformandolo in una alternativa di Fofana. La verità è che la coperta dei centrocampi è corta e a gennaio magari ci sarà bisogno di chiedere ad Adli di fare ritorno a Milanello.
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