Gian Piero Gasperini ha scatenato l’inferno con le sue dichiarazioni rilasciate alla Gazzetta dello Sport: "Il giorno prima della partita di Valencia stavo male, il pomeriggio della partita peggio. In panchina non avevo una bella faccia. Era il 10 marzo. Le due notti successive a Zingonia ho dormito poco. Non avevo la febbre, ma mi sentivo a pezzi come se l’avessi avuta a 40”, queste le parole del tecnico dell’Atalanta che ha poi concluso:“Dieci giorni fa i test sierologici hanno confermato che ho avuto il Covid-19. Ho gli anticorpi, che non vuol dire che ora sono immune".
Valencia irritato
Il club spagnolo non ha preso affatto bene le parole dell’allenatore dell’Atalanta e ha risposto con un comunicato piccato: "Viste le dichiarazioni dell'allenatore dell'Atalanta Gian Piero Gasperini che è apparsa sulla stampa italiana questa domenica, il Valencia CF desidera esprimere pubblicamente la sua sorpresa per il fatto che l'allenatore della squadra rivale negli ottavi di finale di Uefa Champions League riconosce che sia il giorno prima che il giorno della partita giocata il 10 marzo a Mestalla era a conoscenza, almeno riguardo a se stesso, di avere sintomi presumibilmente compatibili con il coronavirus senza prendere misure preventive, mettendo a rischio, se quello fosse stato il caso, numerose persone durante il loro viaggio e soggiorno a Valencia".
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— Valencia CF #AMUNTDesdeCasa (@valenciacf) May 31, 2020
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Il Valencia ha poi concluso con un affondo deciso: "Va ricordato che questa partita si è tenuta a porte chiuse, protetta da misure rigorose al riguardo, per l'obbligo delle autorità sanitarie spagnole di prevenire il rischio di contagio da parte di Covid-19, proprio in presenza di persone provenienti da un'area già in quella data valutata pubblicamente a rischio". A dire il vero la trasferta fu vietata giustamente dall’Uefa ai tifosi dell’Atalanta ma oltre 2000 tifosi spagnoli occuparono l’esterno dello stadio Mestalla per sostenere la squadra di Celades in una rimonta mai riuscita.
La bomba atomica
Bergamo è stata dopo Milano e Brescia la zona più colpita dalla pandemia da coronavirus e in molti pensano, addetti ai lavori e non, che la partita Atalanta-Valencia disputata il 19 febbraio allo stadio San Siro sia stata una vera bomba biologica per la diffusione di questo virus che ha fatto diverse vittime in tutta Italia e particolarmente a Bergamo. Il professor Fabiano Di Marco, responsabile Pneumologia dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, qualche settimana fa aveva dato la sua opinione in un'intervista rilasciata al Corriere della Sera: "Atalanta-Valencia a San Siro è stata una bomba biologica, quarantamila bergamaschi che hanno viaggiato in pullman, auto, treno. E con la stessa passione stanno cercando di salvare la città, nonostante condizioni drammatiche".
Lo scorso 16 marzo lo stesso Valencia aveva annunciato come il 35% della squadra e dello staff avessero contratto il covid-19: “Nonostante le rigide misure adottate dal Club dopo aver giocato una partita di UEFA Champions League a Milano il 19 febbraio 2020, un'area che giorni dopo è stata confermata ad alto rischio dalle autorità italiane, allontanando il personale dall'ambiente di lavoro e dal pubblico in generale, gli ultimi risultati mostrano che l'esposizione ha causato circa il 35% dei casi positivi", il club aveva poi spiegato come fossero tutti asintomatici.
Secondo il Valencia, dunque, il contagio avvenne proprio nella sfida del 19 febbraio allo stadio San Siro quando oltre 45.000 tifosi bergamaschi e tanti supporter spagnoli avevano occupato gli spalti della Scala del calcio dando vita ad un match spettacolare che vide per la vittoria della Dea per 4-1. Le metro milanesi affollate, i fiumi di birra scorsi e il clima di festa di quella sera potrebbero aver di certo dato il via all'esplosione del virus.
Tra l’altro il primo decesso in Spagna per coronavirus è avvenuto proprio a Valencia all'ospedale Arnau de Vilanova il 13 febbraio. Più di due settimane dopo, è diventato la prima vittima spagnola da coronavirus. A confermare ciò il ministro della Salute della Comunità Valenciana, Ana Barceló, ha infatti confermato in conferenza stampa che una seconda analisi ha rilevato la presenza di coronavirus in questo paziente, di esso maschile, deceduto con una polmonite inizialmente catalogata come di origine sconosciuta ma poi rivelatasi covid-19 dopo l’autopsia. Le date però non coincidono con il match Atalanta-Valencia del 19 febbraio ed è dunque da escludere che il primo decesso in terra spagnola sia collegato a quella partita.
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Il ritorno avvelenato
La sfida di ritorno, come detto, si è poi giocata 20 giorni dopo, il 10 marzo in uno stadio Mestalla rigorosamente a porte chiuse ma con oltre 2000 tifosi del Valencia fuori dall’impianto a dare manforte ai loro calciatori. Nei giorni antecedenti alla partita, però, dalla Spagna avevano addirittura gettato ombre sul fatto che gli stessi calciatori nerazzurri potessero disputare la sfida di ritorno in quanto Bergamo era una delle città lombarde ed italiane più colpite.
La vicedirettrice di Epidemiologia della Generalitat Valenciana, Hermenegilda Vanaclocha, si era sbilanciata dando la sua opinione in merito: "Non sappiamo sinceramente se i giocatori dell'Atalanta potranno muoversi e venire a Valencia. Bergamo è in Lombardia. Da qui al 10 marzo passeranno molti giorni, se me lo aveste chiesto la settimana scorsa avrei risposto molto diversamente. Ma non sappiamo sinceramente se potranno muoversi e venire qui", le sue parole ripresa da Marca.
Il quotidiano spagnolo aveva anche parlato del contagio di un giornalista iberico di 44 anni che aveva contratto il coronavirus dopo la trasferta di Milano: “Sto bene, ho i sintomi dell'influenza, ma niente di più sono tranquillo, i sintomi non mi impedirebbero di lavorare, ho fatto il test per senso di responsabilità", le sue parole pronunciate a Las Provincias. I giornalisti iberici poi risultati positivi risultarono in tutto tre.
Alla fine l’Atalanta volò senza problemi a Valencia per disputare il suo ritorno degli ottavi di finale di Champions League e in quell’occasione fu Marco Sportiello a difendere i pali della porta nerazzurra vista l’indisponibilità del portiere titolare Pierluigi Gollini. Qualche settimana dopo l’ex numero uno di Fiorentina e Frosinone è risultato positivo al coronavirus, l’unico giocatore in casa Atalanta. Gasperini, dunque, può essere considerato il secondo caso di covid-19 avvenuto in casa nerazzurra che ha comunque contenuto i danni vista la tragedia che ha dovuto subire Bergamo.
La dignità di Bergamo
Bergamo ha vissuto in silenzio e con grande dignità un vero e proprio dramma ma ora la città e la squadra nerazzurra sono pronti a ripartire, parole di Gasperini: "L’Atalanta può aiutare Bergamo a ripartire, nel rispetto del dolore e dei lutti. Ci vorrà tempo per la gioia in piazza e all’aeroporto, ma i bergamaschi sono brace sotto la cenere. Piano piano tornerà tutto. Non c’è un giocatore che si sia allontanato dalla città. Più di uno ha perso peso, che può anche essere la spia di un disagio psicologico. Difficile intuire il sommerso emozionale di tutti. Qualcuno aveva la famiglia lontana. Di sicuro la squadra è rimasta connessa con la sofferenza di Bergamo e la porterà in campo".
Tifosi nerazzurri in prima linea
La curva Nord dell'Atalanta si è fin da subito messa a disposizione della collettività in questa emergenza che ha travolto l'Italia e il mondo intero. La parte più calda del tifoso bergamasco si è adoperata alla costruzione in tempi da record dell’ospedale da campo trasformato in semi-permanente nell’area Fiera di Bergamo. Una struttura inaugurata ad aprile e messa in piedi in una settimanache ha permesso di ospitare 53 posti letto tra terapia intensiva e sub-intensiva. I tifosi dell'Atalanta ricevettero anche i complimenti da parte del sindaco Giorgio Gori:
Pochi giorni e l’ospedale da campo di #Bergamo sarà pronto, con 140 posti letto di cui 72 di terapia intensiva.
— Giorgio Gori (@giorgio_gori) March 28, 2020
Si lavora h24. Alpini, protezione civile, artigiani volontari, tecnici di Emergency, ultrà della curva Nord. Sono grato ad ognuno di loro e fiero d’essere #bergamasco! pic.twitter.com/VBGsFKlMuu
"Non serve pubblicità. Abbiamo fatto quello per cui tutti i cittadini vengono chiamati in causa, che siano tifosi, che siano della bocciofila o artigiani comuni: abbiamo fatto quello che era giusto fare, perché ce n'era bisogno", le parole ai microfoni di AdnKronos di Claudio Bocia Galimberti, leader degli ultrasdell'Atalanta:
Le due partite incriminate
Atalanta-Valencia (19 febbraio 2020)
Valencia-Atalanta 3-4 (10 marzo 2020)
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.