Un po' Ibra, un po' Cristiano. "Ma cerco il mio percorso"

Niente spacconate, Vlahovic sceglie il basso profilo: "Voglio aiutare la squadra, non si vince da soli"

Un po' Ibra, un po' Cristiano. "Ma cerco il mio percorso"

Le spacconate non fanno (ancora?) parte del suo modo di essere e di pensare. Dusan Vlahovic ha la faccia del ragazzo consapevole dei propri mezzi e delle proprie qualità, ma non l'arroganza di Cristiano Ronaldo o di Ibrahimovic: forse ci arriverà strada facendo, forse no. Per adesso, è solo un ventiduenne di origini balcaniche (come Zlatan, appunto) che ha ereditato la maglia numero 7 del portoghese ma non per travestirsi da quello che ancora non è. «L'ho scelta solo perché era la più vicina al 9», ha spiegato ieri. Vero o no, lo ha detto con semplicità e senza malizia: almeno questa è stata l'impressione. «Siceramente per me quel numero non rappresenta niente. Tutti i numeri che si indossano qui sono importantissimi. Ronaldo? La maglia della Juve pesa sempre: io sono arrivato qui per aiutare i miei nuovi compagni».

Politicamente corretto, il serbo. Che ringrazia la Fiorentina prima di tutto, senza ovviamente fare alcun cenno alle polemiche che hanno seguito il suo trasferimento. Problemi che non lo toccano, come il fatto che nella sua ex città abbiano deciso di cambiare, per soli 20 euro, il suo nome dalle maglia Viola con quello di Cabral, il nuovo 9. Lo aspetta una nuova fase della carriera dove potrà esplodere definitivamente, esordendo in Champions League e magari lanciando la sfida a Mbappé e Haaland, altri ragazzi prodigio che di professione buttano la palla in porta. «Sto cercando di costruire il mio percorso giocando sempre al massimo, ma non so dove arriverò. Non esiste giocatore al mondo in grado di vincere da solo: la squadra vince e la squadra perde». Un libro stampato, appunto. Ma, almeno apparentemente, sincero e convinto di quello che dice. Mettendo da parte anche quelle che avrebbero potuto apparire sbruffonate: «Sto cercando casa, ma certamente non sarà quella di Cristiano. Io devo rimanere umile, le cose fuori dal campo non mi interessano: ho voglia solo di campo, di migliorare e di vincere». Pare il ritratto perfetto indicato da Andrea Agnelli qualche anno fa: «Se non potremo permetterci di acquistare un giocatore come Ronaldo, dovremo essere bravi ad assicurarci chi in futuro potrà diventare come Ronaldo». E non a casa già si parla di Zaniolo.

Da CR7 a DV7: questo è quanto. A Firenze ha segnato 49 reti (17 nell'attuale campionato) in 108 partite. Alla Juve, sarà ovviamente il centravanti titolare e adesso toccherà ad Allegri trovare il modo di farlo convivere con Morata e Dybala: difficile ma non impossibile, specie adesso che Chiesa («ci siamo già sentiti, siamo gradi amici») è fermo ai box e non rientrerà prima della prossima stagione.

Appassionato di basket - sport che ha anche praticato da ragazzino - e Moto GP, Ibra e Michael Jordan come modelli, prima di trasferirsi a Firenze si era anche iscritto a medicina per avere una sorta di piano B nel caso in cui non avesse sfondato nel calcio. Il resto è cronaca di questi giorni: «Scegliere la Juve è stato facile. Qui non si molla mai: il massimo, per me».

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