Se i recuperi extralarge "ripagano" le televisioni

C'era una volta 90esimo minuto. Tutto ebbe inizio nel settembre del millenovecentosettanta, la voce di Paolo Valenti faceva scoprire quello che era accaduto in quel tempo, classico e regolamentare, di gioco

Se i recuperi extralarge "ripagano" le televisioni

C'era una volta 90esimo minuto. Tutto ebbe inizio nel settembre del millenovecentosettanta, la voce di Paolo Valenti faceva scoprire quello che era accaduto in quel tempo, classico e regolamentare, di gioco. Gianni Infantino era un neonato sei mesi, Pierluigi Collina un ragazzino di dieci anni. Cinquantadue anni dopo ecco che la coppia ha cancellato la trasmissione televisiva e lo spirito del football, parlano di tempo effettivo, frase che riempie la bocca ma non ha relazione con la storia del gioco, il suo senso agonistico, lo sforzo dei calciatori. Dicono: i novanta minuti sono un fake time, in verità si gioca quarantacinque, al massimo cinquanta minuti. E allora? Il football è nato ed è cresciuto con regole che sono state modificate, in linea con l'evoluzione, non soltanto tattica ma anche atletica e fisica di questa disciplina ma il tempo di gioco è rimasto quello dalla fondazione, due tempi di quarantacinque minuti l'uno, con eventuale recupero a causa di infortuni e pause impreviste. Il football di oggi sta sotto schiaffo delle televisioni che garantiscono i denari per tenere in vita il sistema, altrimenti in bancarotta.

Bene, prolungare le partite come sta accadendo in questo mondiale, è un favore alle varie emittenti che hanno acquisito i diretti di trasmissione ma è un danno per la salute degli attori in campo, sfiniti e dalle condizioni climatiche e snervati dalle interruzioni del var, un altro sistema che ha consegnato maggior potere alla casta degli arbitri. Nelle prime cinque partite in Qatar sono stati concessi 80 minuti di recupero, una follia, un insulto pagato dai calciatori e capace di aumentare il protagonismo degli arbitri. Come nelle migliori farse, si replica.

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