"Riprendo a marciare col fiore portafortuna ricamato da mamma"

Gli infortuni, due anni di stop. Ma domani la campionessa olimpica si gioca il mondiale

"Riprendo a marciare col fiore portafortuna ricamato da mamma"
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Budapest - Antonella Palmisano cerca domani un vero cambio di marcia. Dopo due anni difficili, complicati, a causa di un infortunio serio al ginocchio sinistro e a problemi all'anca, la campionessa olimpica della 20km di marcia spera di essersi messa alle spalle il periodo buio.

«Da marzo vado avanti a infiltrazioni. Prima di partire per Budapest ho fatto l'ultima a 13 giorni dalla gara e spero di poter contenere questo problema, un'infiammazione del nervo sciatico al livello del cavo popliteo», spiega la 32enne pugliese di Mottola, tornata ad assaggiare le competizioni solo il 30 aprile a Madrid e a quasi 21 mesi dall'ultima vera uscita agonistica, quella del trionfo ai Giochi Olimpici di Tokyo 2021 arrivato proprio nel giorno del suo 30° compleanno. Dopo la 10km di Madrid, il 21 maggio è arrivato il ruggito della portacolori delle Fiamme Gialle, che agli Europei a squadre di marcia di Podebrady ha chiuso seconda nella 20 km in 1h29:19 e con il minimo per i Mondiali di Budapest.

Antonella, in che condizioni arriva alla gara di domani?

«Non mi lamento, anche se mi è mancata la serenità mentale nell'affrontare l'allenamento. Non sono al 100% e non ho la stessa condizione di Tokyo, ma io e l'allenatore ne siamo consapevoli, perché di mezzo c'è stato l'intervento, la riabilitazione, e non abbiamo del tutto recuperato».

Il calvario è finito?

«Il problema è rimasto, però è gestibile. Spero di poter gareggiare senza dovermi fermare. Mi auguro che il prossimo anno, quello olimpico, non debba avere bisogno di infiltrazioni».

Si è posta degli obiettivi per questi Mondiali?

«Sì, buttare l'anima (ride). Perché sono convinta che dove non arriva il fisico, la mente può fare tanto. Non mi voglio porre né limiti né obiettivi alla partenza. E voglio cercare di divertirmi. Mi manca».

Si porterà dietro il portafortuna di sua mamma?

«È già pronto. L'anno scorso senza gare ho rotto una tradizione e non ho potuto indossare il fiore tra i capelli, preparato da mia mamma all'uncinetto. Adesso ricominciamo».

Dall'oro di Tokyo 2021 a un 2022 senza gare. Come ha resistito?

«Ho vissuto un anno di frustrazione: dall'apice della felicità a toccare il fondo. Mesi in cui mi chiedevo: com'è possibile? Come posso finire la mia carriera così? Temevo di non riuscire a controllare la gamba. Non è stato facile».

Per il 6 agosto ha organizzato una festa?

«Questo compleanno l'ho vissuto con più gioia, l'ho vissuto più spensierata. Ho comprato bicchieri rosa, tovaglioli rosa, anche se il rosa non mi piace. Ho messo un po' di colore. L'anno scorso avevo portato una torta con scritto: non voglio soluzioni, ma voglio solo lamentarmi. Quest'anno ho capito però una cosa: è vero che siamo atleti, ma oltre all'atletica c'è una vita fuori, c'è la sfera privata. Ed è come la torta: ci sono tante fette, non una sola».

Dopo i successi suoi e di Massimo Stano in Giappone qualcosa è cambiato?

«No. Penso che subito dopo l'Olimpiade di Tokyo ci sia stata una crescita nel settore della marcia. Ma poi c'è stato un peggioramento. Non c'è stata la volontà di farla crescere. Eppure ci sono due ori olimpici, poteva esserci la possibilità di creare una gara internazionale di marcia in Italia, ma niente. Io e Massimo abbiamo gareggiato nel centro di Madrid. Cosa che se bloccassimo noi il centro di Roma, non ci darebbero i permessi...».

La marcia azzurra porta medaglie, ma rimane spesso all'oscuro rispetto alle altre specialità. È così?

«Quando ci sono le gare importanti, si aspettano da noi la medaglia. Perché sono abituati bene. A conti fatti non c'è stato nessun miglioramento. Vista la tradizione della marcia, avrei fatto qualcosa in più per farla crescere».

Nel frattempo la marcia viene snaturata, è stata tolta la 50 km in favore della 35 km. Addirittura ci sarà la staffetta a Parigi. Cosa ne pensa?

«Il

fatto che nel ciclo olimpico, quindi in questi tre anni, abbiano cambiato dalla 50km, alla 35km, alla staffetta, non è un buon segno. Dove si vuole arrivare? Forse a toglierle definitivamente? Questo ci fa un po' rabbia».

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