Se neppure Darth Vader è riuscito a metterlo all'angolo, vuol proprio dire che lui è tanto potente e che la F1 potrà anche cambiare padrone ma non risolverà i propri problemi di implosione sportiva e di carenza di spettacolo. Perché succede ovunque, succede in politica, succede nello sport e però non succede nel Circus. Prima o poi, per sopraggiunti limiti di età, tutti si fanno da parte, tutti procedono col passetto di lato. Ma non lui, Bernie Ecclestone. Il gran capo del mondo che corre a trecento all'ora dato per spacciato non più tardi di cinque giorni fa, durante il Gp di Monza, e invece da ieri dato presente e arruolato nella F1 che verrà, quella in procinto di essere acquistata proprio da Darth Vader. Questo il soprannome di John Malone, tycoon e magnate dei media a stelle e strisce e patron di Liberty Media (gruppo che possiede Discovery Communications, per cui anche la galassia di Discovery Channels ed Eurosport) che sta per comprare il 35,5% (prima il 20, poi il resto) della F1. Soprannome, tanto per capirci, affibbiato a Malone dall'ex vice presidente Usa Al Gore per il modo «duro con cui sa sempre condurre gli affari».
Ecco. Non proprio sempre. Stavolta Darth Vader ha incontrato Darth Vader. E come sanno tutti gli affezionati della saga stellare, il rischio del cortocircuito spaziale è dietro l'angolo. Perché nel pieno della trattativa (ancora ieri sera manager e consulenti erano al lavoro) Bernie grande vecchio (85 anni) della F1 dato per silurato da Malone grande vecchio dei media americani (75 anni) deve aver fatto valere o presente qualcosa. Infatti a sorpresa ha annunciato: «È stato deciso che resterò capo della F1 per tre anni anche dopo il passaggio di proprietà». E perché queste parole arrivano dopo che domenica a Monza, in evidente difficoltà e cercando provvidenziali alleati, aveva intavolato discorsi con Sergio Marchionne presidente Ferrari e l'ad di Mercedes corse Toto Wolff. Il motivo? Malone pensa a una F1 su basi americane, in cui anche i piccoli team possano attingere ad ampie risorse, garantendo sviluppi, quindi gare più combattute e dunque spettacolo vero. Ferrari (soprattutto), ma anche Mercedes visto il dominio degli ultimi anni, ricevono risorse dalla spartizione dei ricavi che i piccoli team si sognano. Da qui gare da anni noiose in cui i forti sono sempre più forti e i piccoli sempre più deboli e al massimo se la suonano e se la cantano due scuderie. Tre anni fa, proprio parlando di spartizione dei ricavi, il vice team principal della Force India, Bob Fernley, aveva urlato che la CVC, il fondo che possiede il 35,5% del Circus (il resto è ripartito tra un fondo Usa, 20%, Ecclestone, 5,3%, il suo trust di famiglia, 8,5% e la Fia) era «la peggior cosa accaduta a questo sport perché lo aveva violentato».
Da qui le aspettative di molte squadre ora che CVC, in disaccordo con lo stesso Ecclestone, ha deciso, dopo aver più che raddoppiato l'investimento iniziale, di vendere il Circus per 8,5 miliardi di dollari (la Formula one Group di cui la Fom fin qui guidata da Ecclestone è il braccio commerciale che gestisce contratti ed entrate). Nel week end del Gp d'Italia, fra le molte indiscrezioni, erano anche comparsi i nomi del nuovo presidente della F1, braccio destro di Rupert Murdoch e vice presidente di 21th Century Fox, Chase Carey (definito un durissimo) e, al posto di Ecclestone alla Fom, Zak Brown, boss della più grande agenzia di marketing nel motorsport. E ieri Bernie ha confermato che verrà affiancato proprio da Carey come presidente della F1. Però ha anche aggiunto che «la bella notizia è che Chase sarà in grado di portare il Circus nei nuovi territori dei social media, perché come sapete io non ho mai trovato un modo per far soldi dai social...».
Se così dovesse davvero essere, vorrebbe dire che il Darth Vader d'Oltre Manica ha battuto quello a stelle e strisce.
Vorrebbe dire che la F1 non cambierà pelle al di là di qualche iniziativa molto social. Vorrebbe dire che i piccoli resteranno sempre piccoli, la noia sempre regina e che purtroppo la Ferrari ha contribuito a tutto questo.
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