Rosso da 1,4 miliardi. Mai così male dal 2007

L'84% dei ricavi assorbito da cartellini e stipendi. Dipendenza assoluta dai diritti tv

Rosso da 1,4 miliardi. Mai così male dal 2007
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Salgono i debiti del calcio italiano. Salgono in modo allarmante. Non solo. Quasi tutti i maggiori ricavi del settore sono assorbiti dagli stipendi e dai cartellini dei calciatori mentre ristagnano pericolosamente i progetti per i nuovi stadi e risplendono l'affluenza ai botteghini oltre che il cammino nelle coppe europee dei club di serie A. È questo lo scenario in chiaro-oscuro presentato ieri dal presidente della Figc Gabriele Gravina (13esima edizione del Reportcalcio curato dall'ufficio studi di via Allegri in collaborazione con Arel e Pwc Italia) che fotografa fedelmente lo stato dell'arte del pallone italiano. Dallo studio spuntano una striscia impressionante di cifre e percentuali che vanno lette e anche tradotte per capire il loro peso sul futuro del settore. Così è possibile partire, per esempio, dai 210mila tesserati tra giocatori e giocatrici recuperati dopo la stagione del covid (persi in 200mila) con un impatto socio-economico valutato in 4,5 miliardi. «Questo è il potenziale straordinario del mondo del calcio» fa sapere il presidente Gravina che pure deve fare i conti con l'altra faccia, inquietante, della medaglia. Non c'è molto da festeggiare se si pensa che la perdita aggregata nel 2022 è stata di 1,4 miliardi rispetto al dato identico dell'anno precedente (1,3 miliardi), «peggior risultato netto nei 15 anni analizzati da reportcalcio ricordando che nelle ultime 3 stagioni la perdita è stata pari a 3,6 miliardi». E non è solo colpa del covid che pure ha pesato per circa 600 milioni (stadi e botteghini chiusi) sull'indebitamento complessivo.

Questa montagna di soldi viene quasi interamente assorbita dal costo di stipendi e cartellini dei calciatori i quali drenano la bellezza dell'84% dei ricavi dei club al netto delle plusvalenze addirittura. Questo significa che l'indebitamento finanziario complessivo '21-'22 supera la soglia dei 5,6 miliardi di euro con un indice di liquidità tra serie A e serie B di 0,5. La conseguenza sul piano pratico è una sola: una dipendenza assoluta dai diritti tv tra l'altro confermata dall'interesse della platea per gli eventi di calcio (nei primi 50 programmi tv dell'anno le dirette della Nazionale). In terreno positivo ci sono altre cifre che riguardano l'affluenza di pubblico in risalita (11,9 milioni), i 126mila posti di lavoro attivati, la contribuzione fiscale (nel 2020 è stata di 1,3 miliardi; i 99 club professionistici incidono per il 73,1% nella raccolta). Per fortuna sono arrivate proprietà straniere (11 dagli Usa) che tra il 2011 e il 2022 hanno contribuito in modo massiccio a ricapitalizzare molte società.

La morale è sempre la stessa: incapacità del sistema a contenere i costi e in alcuni casi a mettere in sicurezza i bilanci. Per questo motivo, probabilmente, quando quelli dell'Uefa hanno sentito i dati al 30 giugno raggiunti dal Milan (attivo di 15 milioni), è partito un applauso di approvazione.

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