Marta si fa scivolare addosso la delusione come niente fosse, ammirevole. Federica arriva alle interviste con gli occhi gonfi, sta male e si sforza di dire cose che non riattizzino le polemiche. Sofia si fa inquadrare dalle telecamere seduta su una seggiola al sole. Eccolo il trio delle meraviglie in una delle giornate più nere che si ricordino: Bassino mai in gara e alla fine tredicesima a oltre due secondi dalla nuova campionessa del mondo Lara Gut-Behrami; Brignone fuori dopo 38 secondi (ben sciati) di prima manche; Goggia azzoppata dall'infortunio di Garmisch e concentrata in pubbliche relazioni (anche fuori dalla bolla in cui avrebbe dovuto restare). Dura, durissima. Da vivere e da raccontare. Nemmeno la splendida giornata e la gara appassionante (Shiffrin battuta per 2/100, Liensberger terza a nove) riescono a lenire la delusione.
«Spalle larghe, tiriamo avanti, bisogna ricostruire» sentenzia il dt Gianluca Rulfi, abbacchiato come poche altre volte dalla peggior gara di gigante della sua gestione cominciata nel 2015. È capitato proprio al Mondiale, in casa, nella stagione in cui Marta Bassino aveva vinto quattro delle sei gare disputate e in cui Federica Brignone, due volte seconda, doveva difendere e confermare gli strepitosi risultati dello scorso inverno. «Fede stava andando forte, è uscita, ma non ha nulla da rimproverarsi. Marta ha pagato la carenza di energie nervose, quelle spese dopo la medaglia. Sta vivendo situazioni cui non è abituata, adesso deve staccare». Tutto chiaro.
Si volta pagina, non c'è altro da fare e si può solo guardare con ammirazione la rinascita della Gut (che si arrabbia se non si aggiunge Behrami al suo cognome), che dopo un giro all'inferno dal 2017 al 2020 è risalita in paradiso. Il suo ritorno deve insegnare qualcosa a chi ha già dimostrato di essere forte, nello sport la pazienza è una delle doti fondamentali, chi non ce l'ha può solo soccombere.
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