L'Uefa ha fissato i suoi paletti: date del calendario, exit strategy e soldi da versare ai club con l'acqua alla gola. Tutta materia molto complessa che deve trovare nella riunione del comitato esecutivo del 27 maggio il passaggio decisivo. Servirà da linea guida per le altre federazioni e in particolare quella italiana, ancora stretta tra la melina del Governo e le pressioni dei club di serie A. Cominciamo dalle date, allora. Per l'Uefa la conclusione ideale dei campionati domestici è fissata per domenica 2 agosto (subito condivisa da Gravina che l'ha estesa al calcio italiano) con la libertà, in caso di partenza spostata in avanti, di modificare il format passando a playoff e playout. Questo significa che resistono due finestre per completare le coppe europee: una a luglio mischiandosi con i campionati e l'altra, molto più attendibile, nel mese di agosto, in coda ai tornei, con due date simbolo per le rispettive finali (27 agosto a Danzica l'Europa league e il 29 agosto a Istanbul la Champions league).
Nel panorama continentale, ci sono però federazioni che hanno già chiuso i battenti, tipo l'Olanda. Come si comporterà l'Uefa in questi casi? Ecco la strada maestra: non sarà più presa in considerazione la classifica del ranking, la bibbia fin qui ma varrà la fotografia della classifica al giorno della sospensione. Per il calcio italiano è un'autentica fortuna perché nel primo caso Inter e Atalanta sarebbero rimaste fuori dal quartetto Champions. Primato garantito al merito sportivo, quindi. Intendiamoci: l'accelerazione dell'Uefa ha una spiegazione molto pratica. È il tentativo di salvare il girone iniziale della stagione 2020-2021 che vale, in materia di diritti tv, circa 400 milioni di euro.
A proposito di euro. Ossigeno puro è stato garantito ai club rimasti a secco d'incassi, sponsor e diritti tv. L'Uefa ha deciso di anticipare il versamento dei 70 milioni da garantire a quei club che hanno fornito calciatori alle diverse nazionali impegnate nelle qualificazioni per gli europei. «Iniezione di liquidità necessaria» è stata la chiosa di Andrea Agnelli, presidente dell'Eca. Piuttosto non c'è alcuna notizia sulla scelta di aprire il forziere di Nyon per dare una mano ai club che hanno fin qui garantito una pioggia di utili.
A correggere la sua rotta, ha provveduto Giovanni Malagò, presidente del Coni che ha cominciato segnalando che «solo il calcio ha preso decisioni diverse dal resto dello sport» prima di spiegare meglio la sua posizione. «Mai pensato che il calcio non debba ripartire, dico solo che non prevede il piano B» ha aggiunto citando l'accordo tra Sky e calcio tedesco. Poi l'intervento sul tema controverso dei tamponi: «Oggi c'è un problema per i cittadini, se il calcio li regala bene». Infine la stoccata sul protocollo presentato da Gravina al governo. Qui Malagò l'ha preso a martellate: «Il calcio l'ha fatto per conto suo, ha interpellato un suo medico che non è più medico sportivo, ha interpellato i suoi tecnici. A questo punto la serie A sta giocando una partita tutta sua, lo fa in piena autonomia, va bene ma io devo segnalarlo». E Gravina non ha aspettato per rispondere per le rime.
«Mi stupisce che la tentazione di parlare continuamente - il passaggio di un duro comunicato - di calcio, per la notorietà che da questo discende, induca diversi interlocutori a commentare cose di cui sono evidentemente male informati».
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