Adesso, in molti, si presentano con la stessa frase, di repertorio: «Io lo sapevo già, ma avevo promesso che non avrei detto nulla». Ci ha pensato lui, Gian Luca Vialli, personalmente, parlando e parlandone con Aldo Cazzullo. Tumore, cancro, parole asperrime dinanzi alle quali l'uomo più forte, improvvisamente, si scopre debole, fragile, perché comprende che la vita è tutto quello che sta accadendo mentre ti occupi d'altro. E la vita di un campione, di un atleta, è uguale, infine, a quella di qualunque altro cittadino di questo mondo, incapace di capire perché quel male oscuro, che poi diventa manifestamente violento, abbia scelto proprio te.
StradiVialli, come lo definì Brera pensando ai cremonesi più illustri, il calciatore e il liutaio fabbricante di viole, violini, violoncelli e arpe, uniti dalla gloria a celebrare la città delle tre T, Turòon, Turàs, Tetàs (con l'aggiunta di Tognazzi), StradiVialli, dunque, ha avuto la grande dignità di tenere per sé, tra mille sussurri marginali, il male, la malattia, le cure. Si fa presto a dire, sta giocando la partita più difficile. Ma quale partita? Qui l'avversario è bastardo, non si fa vedere e poi, codardo, appare e colpisce, per poi scappare di nuovo. Ecco, allora, che Luca sa benissimo, e lo ribadisce, come non possa immaginare davvero quanto durerà questa giocata, perché ogni minuto può essere buono per la vittoria, ogni secondo diventa un inganno, prima della sconfitta. È davvero dura scrivere di qualcosa che sta marcando stretto, a uomo, vigliaccamente, un amico, un conoscente se poi, costui, è pure un campione per il quale hai fatto il tifo, il tifo, badate bene, per mandarlo a giocare sui prati d'Inghilterra che, per fiuto e nostri dialoghi, era ed è l'ideale terra sua. Per questo ha scelto di tenere residenza e dimora a Londra, dove vive, a parte il maniero cinquecentesco di Grumello altro simbolo del suo gusto antico. Va da sé che il golf, dopo il pallone, sia diventato il suo divertimento.
Il destino ha deciso che Luca, insieme con Massimo Mauro e Cristina Grande Stevens, abbia creato la Fondazione per la Ricerca e lo Sport onlus che opera con l'obiettivo di destinare fondi alla ricerca medico scientifica sul Cancro e sulla Sla. Il contrappasso ha voluto che questa fetta di vita di Vialli sia diventata l'oggetto di quella stessa ricerca. L'opinionista televisivo, sulla rete di Sky, si era fatto da parte, silenziosamente; qualche apparizione episodica, quasi timida, giustificata da un difficile rinnovo contrattuale, voci di un malanno alla schiena e di calcoli alla cistifellea, non altro, nessuna confessione o annuncio. Di colpo, la notizia, o meglio l'intervista. Ha spiazzato i colleghi di viaggio di Sky e non soltanto quelli. I mesi di cure, di sofferenza e di speranza, dopo il buio improvviso d'inizio, fanno parte del tempo imperfetto non ancora passato, né prossimo, né remoto.
Vialli dimostra che è meglio dire, è meglio andare in zona mista e parlare; basta con quelle stupide parole «certe cose accadono sul campo e lì finiscono», certe cose accadono nella vita e da lì incominciano, perché affrontare il male significa averne coscienza, anche se la fede, la fermezza possono essere vitamine utili, indispensabili. Vialli ha voluto mentire a se stesso, infantilmente, travestendosi da Hulk, con un maglione nascosto sotto la camicia, per mascherare la magrezza che stava segnando il suo corpo solido. Poi ha capito che sarebbe stato meglio non fingere davanti allo specchio e agli altri, tenendosi, però, dentro la verità acida.
Dice di essere tornato Luca come era prima, lo immagino mentre stringe gli occhi nelle due asole che distinguono il suo viso, accompagnandolo da quel sorriso che è un ghigno. Quando un campione confessa di essere malato è un po' come se avessimo perso una partita anche noi che campioni non lo siamo ma abbiamo sognato di esserlo o di diventarlo.
E avremmo voglia di cancellare certe pagelle cattive, i perfidi giudizi dopo un gol sbagliato o un goffo dribbling. Spero che Luca possa alzare al cielo un'altra coppa, come quella di Roma, in quell'estate lontana di cui sento il bisogno assoluto in questo novembre più grigio della polvere.
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