Mostruoso. Fenomenale. Campione. Aggiungete voi qualche altro aggettivo, se ve ne sono rimasti in questi quindici giorni di tennis pazzesco. Perché se oggi torneremo a giocarci la coppa Davis 25 anni dopo l'ultima finale, a 47 anni dall'unica vittoria, lo dobbiamo a Jannik Sinner, al suo sabato indimenticabile, al miracolo italiano - sì, italiano - che ha trascinato l'Italia, anche grazie a Lorenzo Sonego, a un passo da un sogno che ora possiamo quasi toccare.
Tutto è successo in un attimo, a un punto dal tracollo, dopo che Musetti aveva perso il primo match con Kezmanovic, spegnendosi sul più bello anche (ma forse non solo) per un guaio muscolare alla coscia. Toccava a Jannik, appunto, con un Djokovic arrivato a Malaga con l'unica idea di chiudere l'anno in trionfo con la sua Serbia. Non perdeva da dodici anni in Davis, cosa poteva mai succedere di diverso? E invece: un set pari, 5-4 nel terzo, Sinner al servizio, 0-40, Stefan Djokovic in tribuna che sventola già la bandiera, papà Nole che quasi sorride. Ma...: gli parte uno slice sbilenco, Sinner riparte col servizio, infila sei punti consecutivi, gli ruba la battuta, è l'apoteosi. Incredibile.
Tocca a questo punto al doppio, «e negli spogliatoi a quel punto ci siamo detti che ce l'avremmo fatta» dirà poi capitan Volandri. Ci sono ancora loro, e tutti pensano che nessuno può battere Djokovic due volte (seppur in compagnia con Kezmanovic) nello stesso pomeriggio. E invece, succede di nuovo: Jannik è in trance agonistica, potrebbe giocare tutta la notte. Così Sonego gli fa da dinamo, Novak sembra sotto choc e cerca inutilmente il litigio col pubblico per caricarsi, il suo compagno è perso nel vuoto: finisce 6-3, 6-4, Malaga è azzurra, la finale è una stupenda realtà.
Diciamolo dunque, l'impossibile non esiste più, almeno nel tennis: «Eravamo a un punto dall'essere fuori e invece siamo ancora qui», il sorriso di Sinner non conosce confini. «Devo dire grazie a Lorenzo, nel doppio mi ha aiutato tanto a tenere le energie». Sonego lo abbraccia, Jannik continua: «Cosa pensavo con tre match point da salvare contro Djokovic? Le palle erano nuove, sapevo che potevo farcela: il primo l'ha sbagliato lui, il resto l'ho fatto io. La squadra e il tifo sono stati decisivi». Sonego conferma: «È stata una bella pagina di storia, ma non abbiamo ancora finito. Jannik è stato incredibile: dopo quei tre match point si è girato verso di noi e si è caricato. I ragazzi dovrebbero imparare da lui come si fa a non mollare mai». E allora: mentre Sinner e Sonego ricordano che nessuno li può battere («alla Playstation»...), Volandri sogna, e noi con lui: «Nel doppio son saltati gli schemi: nei cambi di campo dicevamo una cosa e poi ne facevano un'altra: che bravi...
Ho mai dubitato? Beh, tre match point sotto con Novak era dura crederci». Così ci tocca l'Australia, oggi alle 16: nella storia della Davis delle sei finali che abbiamo perso, tre (ma sull'erba) sono contro di loro. Dopo quel che è successo ieri, la situazione perfetta.
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