Sappada. Sessantanovesimo, a 19'31 da Simon Yates. Fabio Aru ha la stessa faccia che aveva al via da Tolmezzo. Lo stesso sguardo perso e tormentato della mattina, quando è sceso a fare colazione al Là di Moret, buen retiro della Uae Emirates.
Dopo la debâcle sullo Zoncolan, la resa sul Passo Tre Croci. Una resa violenta, più di testa che di gambe. Fabio per alcuni metri saliva a zig-zag, come se quelle pendenze fossero non solo uno Zoncolan, ma anche un Mortirolo. Un uomo vinto e distrutto nell'animo, che vorrebbe gettare nell'erba la sua Colnago C65, per fuggire via, verso una pace che nel suo cuore non alberga più.
Arriva a quasi 20', e non parla. Fila via nel motohome, senza guardare niente e nessuno. Sguardo fisso, volto terreo: il campione d'Italia è l'immagine di una disfatta. Di un fallimento programmatico. Era da mesi che preparava il Giro d'Italia, con lunghi ritiri in altura e un programma rigoroso e severo che avrebbe dovuto condurlo qui al Giro in buona condizione. «Non gli abbiamo mai chiesto la vittoria del Giro ci ha confidato un paio di giorni fa il general manager Beppe Saronni -: noi saremmo stati più che contenti di un podio. Con Froome e Dumoulin non era facile, poi le corse sono corse, e le cose cambiano anche. Ma questo non è il vero Fabio, è chiaro che c'è qualcosa che al momento ci sfugge. È chiaro che lui aveva ben altre aspettative, e ora è il primo detrattore di se stesso. È il primo che fatica ad accettare una situazione simile».
Ora tutto e tutti sono finiti sul banco degli imputati. Dai preparatori, ai direttori sportivi: è un classico. La sconfitta di uno, è la sconfitta di tutti. Ha corso poco; non ha disputato nemmeno una classica del Nord: si può dire tutto e il contrario di tutto. Peccato che Dumoulin abbia corso solo la Liegi, mentre Yates, Pinot e lo stesso Froome non abbiano corso nulla, e il percorso di gare sia stato quasi sovrapponibile a quello del campione sardo.
Poi un messaggino, diramato dal team, che condensa il pensiero di Fabio. «Oggi è stata una giornata veramente dura sotto il profilo psicologico. Voglio ringraziare i miei compagni per essermi stati vicino ha spiegato il campione d'Italia -. Mi ritrovo senza forze, incapace di tenere il ritmo: svuotato. Non sto bene, ovviamente adesso dobbiamo capire il motivo. Ci prendiamo un po' di tempo per fare le nostre valutazioni e il giorno di riposo di domani ci aiuta. Vi chiedo un po' di comprensione per il dramma sportivo, la mia delusione è figlia della mia voglia di fare bene. Ci tenevo tantissimo, io prima e più di tutti».
Un problema di testa. Che blocca le gambe. C'è da capire il perché.
Troppe responsabilità (squadra nuova, tutta per lui, e ingaggio di quasi 3 milioni a stagione); troppa pressione; troppe aspettative. Può essere. Sarebbe meglio una bronchite o un callo al dito. Queste sono cose che si medicano facilmente. Le piaghe dell'anima, da sempre, sono le più difficili da assorbire.
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