Da controfigura ad attore protagonista. Ieri è stata una giornata storica per il tennis, ma non parliamo del solito Carlos Alcaraz e dei suoi record, ma di un qualcosa che ha a che fare con il passato ed è tornato a riecheggiare nel presente. Il cognome Borg vi dice qualcosa? Il fuoriclasse svedese che tra il 1974 e il 1981 conquistò 11 titoli Slam, di cui sei al Roland Garros e cinque consecutivi a Wimbledon. Una stella abbagliante che smise di brillare troppo presto, con il ritiro precoce a soli 26 anni. Logorio psicofisico, disse. Ebbene, ieri, sulla terra rossa di Båstad, questo cognome è tornato d'attualità. Si tratta del figlio di Björn, Leo (n. 437 del mondo), secondo erede del leggendario orso svedese, che a 20 anni è andato a prendersi la sua prima vittoria nei singoli match nel circuito ATP contro il connazionale Elias Ymer (166 del ranking). Un successo per 7-6 (5), 6-3, con chiusura con l'ace per lui.
Il torneo riporta alla mente quanto accaduto nel 1974 quando a poco più di 18 anni Borg vinse il suo primo torneo ATP 250, piegando Adriano Panatta con il punteggio 6-3, 6-0, 6-7, 6-3, dando seguito al suo magic moment, vista l'affermazione al Roland Garros di pochi giorni prima, diventando il più giovane di sempre a trionfare nell'Open di Francia. Un primato poi migliorato da Mats Wilander (17 anni, nove mesi e due giorni, nell'edizione del 1982) e poi da Michael Chang (17 anni, tre mesi e 7 giorni nell'edizione del 1989).
Per Leo, che nel 2017 fece parte del cast del film "Borg McEnroe", interpretando il ruolo del padre in età pre-adolescenziale (9-13 anni) nella storia del campione e della rivalità iconica con il tennista americano, è un modo per prendersi la scena e costruirsi un proprio percorso, senza dover essere una sorta di remake di una storia bellissima ma distante.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.