Stella Pende svela i segreti della «professione reporter»

Fare il giornalista è una professione. Fare l’inviato è qualcosa in più, è come prendere i voti. A meno di una profonda crisi esistenziale, lo si resta per sempre. Ecco perché non stona affatto, anzi calza a pennello, il titolo vagamente religioso di Confessione reporter, il programma giornalistico dedicato al mondo dei reportage, all’esordio stasera per cinque puntate in seconda serata su Italia 1. Prodotto da Videonews in collaborazione con Mediafriends, ideato e condotto da Stella Pende (già inviato di razza di Europeo e Panorama), Confessione reporter è un viaggio in 3D nella difficile ed entusiasmante professione del reportage: sono infatti tre le dimensioni proposte in ogni puntata per far conoscere il davanti e il dietro le quinte del lavoro da inviato.
La prima parte propone un’angolazione inedita sulla realizzazione di un servizio: Stella Pende trasforma nei protagonisti della storia raccontata non solo coloro che l’hanno generata ma anche coloro che l’hanno raccolta. É lo spirito dell’omonimo libro recentemente scritto dalla Pende, Confessione reporter: quello che non ho mai scritto (Ponte delle Grazie, 2011). «Parlo degli interpreti, operatori, fotografi, e poi delle sensazioni, dei ristoranti, di tutto ciò che resta escluso dalle ineludibili battute del pezzo - spiega la giornalista -; è la professione vista dal buco della serratura: perché ogni reportage ne contiene tanti altri, mille storie che ti restano dentro». Una seconda parte di trasmissione avrà come protagonisti personaggi di tv, cinema, politica prestati all’arte dell’intervista, per una volta fatta e non subita. «L’ho intitolato Reportage d’autore - spiega Stella Pende -; avrò come inviati speciali l’ex calciatore Ciro Ferrara, l’onorevole Giovanna Melandri, l’attrice Martina Colombari e altri reporter improvvisati. Ciro, napoletano doc, si è recato con me nel carcere di Secondigliano, raccogliendo le storie dei reclusi; vedremo la Melandri in India, a incontrare anziane analfabete che un mecenate di nome Banker, una specie di Gandhi miliardario, raccoglie nei villaggi senza corrente elettrica in India, Africa e Centro America, per trasformarle, dopo un training da lui finanziato, in ingegneri solari in grado di manovrare pannelli fotovoltaici. La Colombari ci racconterà delle tristi condizioni dei bambini ad Haiti».
L’ultima parte del programma offre un classico reportage: «Daremo uno sguardo particolare, indagatore e non per forza ottimistico, alla cosiddetta primavera araba - conclude la Pende -; gli inviati all’estero Mediaset ci racconteranno di Siria e Libia, mentre io mi sono recata a Gaza. Nella prima puntata condurrò lo spettatore nel luogo dove è stato ucciso Bin Laden. Infine uno spazio a sé nel programma avranno le nuove tecnologie, perché ormai l’informazione può viaggiare in modalità inimmaginabili fino a pochi anni fa». E alla fine di ogni puntata, forse, qualche giovane spettatore scoprirà il sacro fuoco del reporter.

«La speranza è anche quella - conclude la Pende -, Italia 1 in questo senso, come canale giovanile, è perfetto. Un programma come questo serve anche a smontare il luogo comune che quello dell’inviato sia un mestiere che non si può più fare».

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