Su "Sant’Anna" restaurata trovate le impronte del genio

Cinzia Pasquali ha impiegato 15 mesi per ripulire il dipinto, scoperta anche l’acqua ai piedi della santa

«L'Italia civilizza la Francia da più di 2000 anni» dichiara Fréderic Mitterand prendendo a sorpresa la parola durante l'inaugurazione della mostra Sant'Anna, l'ultimo capolavoro di Leonardo da Vinci al Louvre da oggi fino al 25 giugno. Il sessantaseienne ministro della cultura francese non ha paura di attirarsi critiche feroci. Ex regista, nipote di François Mitterand, omosessuale dichiarato e autore di un'autobiografia, «La Mauvaise vite», che gli è costata l'accusa di pedofilia, appena eletto, quattro anni fa, prese le difese di Roman Polanski incarcerato dalla polizia svizzera per aver fatto sesso con una tredicenne. In quell'occasione si sfiorò l'incidente diplomatico, ma questa volta l'uomo che siede nello stesso dicastero di Mallarmè è inattaccabile: anche i cugini d'Oltralpe devono inchinarsi al genio italiano. Lo straordinario quadro dipinto da Leonardo tra il 1503 e il 1519, anno della sua morte, è stato restaurato da Cinzia Pasquali, elegante signora romana che ha già diretto i restauri della Galleria degli Specchi di Versailles, dei rami del tesoro di San Gennaro a Napoli e degli affreschi di Santa Barbara dei Librai a Roma. Cinquantadue anni portati benissimo, un marito inglese e due figli, Cinzià come la chiamano i francesi, ha vinto la gara d'appalto del Louvre. A sostenere i costi del restauro (200 mila euro) è stato Barry Lam, imprenditore di Taiwan, ma il principale sponsor della mostra organizzata per presentare questo capolavoro rinato, è Ferragamo, nome-simbolo del made in Italy. La cifra sborsata? «Top secret» rispondono i membri della famiglia Ferragamo anche se non è difficile intuire che ci son voluti investimenti importanti per assicurare e trasportare al Louvre 130 opere del genere. Ci sono 22 disegni leonardeschi prestati dalla Regina Elisabetta oltre a capolavori dello stesso maestro (la «Madonna del gatto» del British Museum, la «Vergine delle Rocce» e la «Gioconda» del Prado), di Raffaello e infine di Max Ernst che dedicò un fulminante dipinto intitolato Le Baiser sulle teorie elaborate da Freud sulla cosiddetta Sant'Anna Trinitaria. Per i test preliminari alla pulitura durata 15 mesi, la Pasquali, ha convocato altre due studiose italiane: Oriana Sartiani dell'Opificio delle Pietre Dure di Firenze e Gloria Tranquilli del Polo Museale di Venezia. Poi ha utilizzato uno speciale gel del chimico Paolo Veronesi per togliere gli strati di vernici non originali applicati nel corso dei precedenti restauri (l'ultimo è del XIIX secolo). Grazie a una sofisticata apparecchiatura, la Pasquali ha scoperto che sui colori a olio del Maestro c'era una specie di pellicola macchiata dal tempo, alterata e in qualche punto perfino sollevata. «Aveva uno spessore di 54 micron - racconta - ne ho lasciati tra gli 8 e i 12 ma se avessi potuto li avrei ridotti fino a quattro». Visti i risultati spettacolari ci si chiede perché non le abbiano fare di testa sua, ma lei serafica racconta che due dei commissari (Jean Pierre Cuzin e Ségolène Bergeon Langle) si sono dimessi in corso d'opera. «Forse avevano paura di vedere Leonardo - dice - d'altro canto lavorare sul suo lavoro è un onore e un'inquietudine enorme: puoi trovare di tutto, ma quel che togli non si può ripristinare».

Lei ha trovato cose incredibili tra cui le impronte digitali del maestro sul ginocchio e sui capelli della Vergine, sul cielo che s'intravede tra i rami d'albero e sulla parte superiore sinistra del quadro. Ancor più sensazionale la scoperta dell'acqua ai piedi di Sant'Anna, l'azzurro vivido del manto della Madonna e, soprattutto, l'ultimo ripensamento di questo genio sullo sbuffo dell'abito della nonna di Gesù.

E' proprio lei seduta sulla riva di un fiume che, secondo alcuni studiosi, sarebbe l'Adda, a guidare la diagonale degli sguardi tra la Vergine, il bambinello e l'agnellino. Più bella della Gioconda, Sant'Anna guarda la figlia che fissa negli occhi il nipotino a sua volta guardato dall'animale su cui sta tentando di salire a cavalcioni.

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