Sua maestà il pianoforte alla Scala nelle magiche mani di Zimerman

SOLISTI «Sfida» tra Oriente e Vecchia Europa a colpi di tastiera nei cinque concerti in programma

Il teatro dei teatri d'opera, la Scala, per cinque serate alzerà il sipario su una prima donna con pochi pari, diva incontestata da due secoli e mezzo: il pianoforte. Stasera (ore 21), con Kristian Zimerman, prende infatti il via il ciclo di recital pianistici centrati su due autori, Chopin e Schumann, affidati alle più esperte mani del settore. Saranno infatti ospiti del Piermarini le punte del pianismo contemporaneo, di fresca e più matura generazione, espressione di diverse scuole ed aree geografiche. La tradizionale fucina di pianisti, la Russia, è rappresentata da Evgenij Kissin, così come il cinese Lang Lang incarna l'esplosione recentissima e strabiliante della musica classica nell’estremo Oriente. La voce della vecchia Europa risponde ai nomi del polacco Zimerman e dell'italiano Maurizio Pollini. Daniel Barenboim ci rammenta le ormai antiche glorie della scuola di Buenos Aires, bottega che ha però la sua punta d'eccellenza in Martha Argerich, in questi giorni a Milano. Un bendiddio di interpreti che si confronteranno con due autori: Chopin (polacco) e Schumann (tedesco), entrambi nati nel 1810, entrambi poeti assoluti del pianoforte. Cinque artisti che sono l'uno l'opposto dell'altro, nella vita e nell'arte. Kristian Zimerman (che stasera sarà impegnato nelle Sonate n. 2 e 3 di Chopin) è la discrezione fatta persona, rilascia interviste col contagocce, quando individua lo spettatore fastidiosetto lancia occhiate che sono fulmini. Viaggia con il suo pianoforte al seguito, non va oltre i 50 concerti l'anno e cura di persona la propria attività. E' lui il mago di Chopin, fra i maggiori (o il maggiore?) conoscitori dei velluti, giochi perlati, intrecci polifonici, anticipazioni impressionistiche del conterraneo Chopin. Lang Lang, giusto sotto il 30 anni, cavalca l'onda inarrestabile della superpotenza asiatica con estrema scioltezza. Nessuna discrezione per Lang Lang che, testimonial musicale delle Olimpiadi di Pechino, ha preso parte alle cerimonie di lancio della manifestazione con una performance in piazza Tienanmen, seduto a un pianoforte rosso fiammante, che più kitsch non si può. A differenza dell'aristocratico Zimerman, asseconda con naturalezza le ragioni del marketing. L'esito è quello di un giovane pianista che, dopo studi matti e disperatissimi vissuti in regime di semipovertà, ora compare nella rosa dei musicisti dai cachet stellari (la media è quella dei 40mila euro a colpo). Sarà alla Scala il 20 giugno. Il 28 maggio sarà invece la volta del musicista multitasker, cioè di super-Barenboim, l'uomo che dirige e crea orchestre, il caso del complesso israelo-palestinese Divan, una sua creatura. Scrive libri e mantiene sempre desto quel primo amore che fu il pianoforte. Kissin, alla Scala il 25 settembre, è la dimostrazione vivente che le vecchie scuole e la sedimentazione d'una tradizione fanno la differenza, con tutto rispetto per i nascenti astri made in China. E' lui il cavallo di razza della sua generazione (classe 1971), l'outsider senza rivali, almeno fra i coetanei. Il primo a esserne incantato fu sua maestà Herbert von Karajan, che lo definì un genio della tastiera e lo volle con sé pe, il concerto di Capodanno del 1988. Quello fu il lancio definitivo nell'Europa dell'Ovest, dove ora vive (a Parigi). Maurizio Pollini è «il» pianista italiano. L'interprete che, viceversa, trovò il trampolino di lancio nell'Europa dell'Est, con la medaglia d'oro al concorso di Varsavia. Correva il 1960. Pollini è interprete di rango internazionale, così internazionale da riservare all'Italia poche e oculate apparizioni.

Così, i suoi recital finiscono immancabilmente con il fregiarsi dell'etichetta di «straordinario». Straordinario sarà dunque la serata del 21 marzo, quando proporrà i Dodici Studi di Chopin e quel capolavoro che è Kreisleriana di Schumann.

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