In Svizzera spuntano altri diari del Duce

Sono pagine del diario di Mussolini che pochissime persone hanno visto e che certo non sono mai state pubblicate. Risalgono a un momento cruciale della storia d’Europa: il 2 e il 3 settembre 1939, all’indomani dell’invasione della Polonia da parte della Germania nazista. Ce le mostra un docente del liceo «Carlo Cattaneo» di Lugano, Pierfranco Castelli, che ha seguito la vicenda delle agende del Duce sin dall’inizio. E che le ha ricevute da colui che tutti ritengono il misterioso figlio del partigiano che mise le mani su quelle carte: Maurizio Bianchi, il cui padre Renzo apparteneva alla 52ª brigata garibaldina protagonista delle tragiche giornate di Dongo. Lui nega tutto, da giorni, ma ormai nessuno gli crede.
E non è l’unica sorpresa di una vicenda che assume sempre più i contorni di una spy-story di provincia, con molti, troppi furbi in circolazione. Quanti sono i diari del Duce? Ufficialmente cinque, quelli che vanno dal ’35 al ’39. Ma in una Lugano dove le fonti bene informate sono insolitamente numerose, c’è chi sostiene che sarebbero molti di più. Nel caveau di qualche banca potrebbero esserci anche le agende risalenti agli altri anni e il carteggio tra il Duce e Winston Churchill. Le voci appaiono abbastanza attendibili, ma sono impossibili da verificare.
Di certo più di un furbacchione sta cercando di piazzare il colpo del secolo. Il figlio del partigiano non si starebbe occupando direttamente della vendita. Avrebbe dato mandato a uno o più mediatori, riservandosi l’assenso finale. Una mossa comprensibile, per garantirsi la riservatezza; ma che ha finito per provocare conseguenze indesiderate. Come hanno provato i giornalisti del portale Ticino OnLine, non è difficile trovare sul Ceresio un faccendiere pronto a vendere i diari. I cronisti si sono spacciati per facoltosi acquirenti italiani, trovando in poche ore l’interlocutore giusto, che naturalmente ha mostrato altre pagine, apparentemente autentiche.
Già, perché le copie in circolazione non sembrano corrispondere le une con le altre. Castelli è uno dei pochi testimoni attendibili di questa storia. Ed è lui il primo ad accorgersi che qualcosa non torna. «Le note risalenti al 2 e 3 settembre del ’39 sono vergate con grafia regolare, fitta e decisa. L’inizio di ogni pagina è caratterizzato da un doppio segno obliquo. Alcune parti sono divise le une dalle altre da vistose righe orizzontali e alcune frasi sono sottolineate», spiega il professore di Economia mostrandoci le fotocopie in un’aula del suo liceo. «Quelle pubblicate da alcuni giornali nei giorni scorsi, invece, non sono marcate negli angoli, mentre la grafia è ampia e non sempre regolare, talvolta incerta». Ed è strano per un uomo che proprio fra il ’35 e il ’38 viveva il suo periodo di massimo successo. Le perplessità aumentano quando si confrontano le pagine del 12-13 febbraio, del 20-21 febbraio e del 2-3 settembre del medesimo anno, il 1939. Tre stili diversi con una grafia che appare simile ma certo non identica.
E a questo punto si aprono diverse ipotesi: esistono due diari? Uno vero, occultato per oltre mezzo secolo da Bianchi, e uno falso, che qualche faccendiere sta cercando di piazzare in questi giorni? Una certezza: le agende depositate in una cassetta di sicurezza di una banca del Cantone risalgono davvero a quegli anni, sia per l’inchiostro sia per la carta usati, come rivela il Corriere del Ticino citando una perizia fatta svolgere alla polizia scientifica cantonale dai proprietari dei documenti. E allora c’è chi avanza una terza ipotesi: che alcuni tomi siano autentici e che altri siano stati riscritti, copiando la grafia del Duce e cambiandone parzialmente i contenuti. Questo spiegherebbe le incongruenze nel linguaggio di Mussolini rilevate da alcuni storici.
Il figlio del Duce, Romano, invece non aveva dubbi: nel settembre 2005 firmò un attestato di autenticità dei diari, al termine di un’esibizione nel ristorante Grotto Antico di Caprino e retribuita molto generosamente. Chi era presente a quell’incontro ricorda che era molto commosso. Lui, Romano, non aveva dubbi: quelle carte erano proprio di suo padre. E se questa è la verità, il Duce il 2 settembre del 1939 scriveva: «Il Führer ringrazia per l’aiuto che l’Italia sta dando alla sua causa e dichiara di non aver nessun bisogno dell’appoggio militare italiano (ha trovato una formula adatta alla nostra presa di posizione: bravo!)». E ancora: «Io? Cosa penso? Penso che nella vita tutto è imprevisto, penso che valga (...) la saggezza (se c’è) - la prudenza - l’esperienza». Un Mussolini che, in queste pagine, appare tormentato dal dubbio: «E allora? Eccomi qui impotente, tradito dagli eventi che non ho potuto dirigere». «Tutti si compiacciono che oggi siamo fuori dal conflitto, ma io non so se è una soluzione».


Il 3 settembre osserva: «Un inutile massacro - A mezzogiorno del primo settembre sul palazzo del governo di Danzica sventola la bandiera uncinata». E poi, sottolineato tre volte: «Una città tedesca è tornata alla Germania». Un Duce intimorito e al contempo affascinato dal Führer.
marcello.foa@ilgiornale.it

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