Pietro I fu un sovrano di enorme energia, praticamente rivoltò la Russia come un calzino per allineare il Paese al resto dell'Occidente in tutti i settori della società, compresa la moda di mento e guance ben rasate. E per questo proibì la barba, ormai in disuso nel resto d'Europa. O meglio, impose una forte tassa a chi volesse mantenere l'«onor del mento». Un balzello istituito il 5 settembre 1698 confermato da ben tre altri regnanti e abolito solo nel 1772. In questi settanta e passa anni i «trasgressori» dovevano pagare una cifra variabile in base al reddito, ricevendo in cambio una placchetta di metallo, da esibire a ogni controllo, pena la rasatura immediata sul posto.
Figlio dello zar Alessio, Pietro nacque nel 1672 e a soli dieci anni salì al trono, anche se sotto tutela della corte, mentre solo nel 1696 prese formalmente il potere che mantenne fino alla morte nel 1725. Per la sua instancabile opera riformatrice, ma anche per la sua imponente statura, era alto quasi due metri, si meritò sia l'appellativo di «Grande» sia l'effigie, ancora oggi, su numerosi francobolli e sulle banconote da 500 rubli. E in effetti intervenne in tutti i settori dell'enorme e, allora, arretratissimo Paese che subì un forte e rapido processo di occidentalizzazione. Non solo nella sostanza, attraverso nuove navi per la flotta, nuove armi per le forze armate, nuove fabbriche, nuova burocrazia, ma anche nella forma. Nel resto d'Europa le barbe, tanto diffuse nel Medioevo, erano ormai sparite e se i russi volevano «occidentalizzarsi» fino in fondo avrebbero dovuto radersi.
Pietro incontrò grosse difficoltà perché fin dai tempi di Rurik, che governò Novgorod dall'826, un un uomo veniva giudicato in base alla foltezza e alla pulizia della sua barba. Non c'era insulto peggiore che sputare sulla barba. Ma quando si trattava di imporre il proprio punto di vista, Pietro non andava tanto per il sottile, basti pensare alla ferocia con cui venivano domate le rivolte, compresa quella, vera o presunta, del figlio Alessio. Nel 1718 tutti i suoi complici finirono impalati e lo stesso zarevic frustato a morte. E con pari energia dunque fece entrare in vigore il 5 settembre 1698 una legge per scoraggiare l'uso della barba. Lo stesso Pietro rase i suoi nobili con un'ascia sul palco delle esecuzioni del boia. E l'uso del patibolo come «teatro» della cerimonia serviva a far capire quanto lo zar facesse sul serio.
Il sovrano ammise alcune eccezioni, sacerdoti, monaci e contadini, mentre impose a tutti gli altri di andare dal barbiere o, in alternativa, pagare un'imposta progressiva, in base a reddito e posizione sociale. Furono pertanto stabiliti quelli che oggi potremo chiamare «scaglioni di reddito»: i cortigiani, le guardie dei nobili e i funzionari dovevano pagare 600 rubli all'anno, cento i commercianti, sessanta i cittadini, trenta i cocchieri e le altre classi di residenti a Mosca. I contadini, come detto, erano esentati, ma fin tanto che rimanevano nelle campagne: ogni volta che entravano in città dovevano versare un copeco. Il pagamento veniva certificato con una «ricevuta» di metallo detta appunto «gettone della barba», da tenere rigorosamente in tasca per essere esibita a ogni controllo, pena l'immediata rasatura sul posto da parte delle guardie. Si trattava di una moneta di rame o d'argento con impressa su un lato un'aquila bicipite e sull'altro la parte inferiore di un volto con naso, bocca, baffi e barba. Sul gettone erano incise anche due frasi: «L'imposta sulla barba è stata pagata» e «La barba è un peso superfluo».
Già nel 1715, lo stesso Pietro decise di unificare l'imposta a un'unica tariffa di 50 rubli, confermata poi, dopo la morte dello zar, dalla moglie Caterina. Pietro II ne esentò i contadini, ma rese l'imposta assai più rigorosa per le altre classi sociali: non più la semplice rasatura immediata ma i lavori forzati per gli «evasori fiscali».
Durò ancora sotto il regno della zarina Anna e solo nel 1772, dunque dopo un'ottantina d'anni, fu abolita da Caterina II. Quando finalmente i russi poterono riprendere a farsi crescere «gratis» il cosiddetto «onor del mento».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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