Una «task force» per sapere quanto costa la comunicazione

Svegliarsi così, un giorno, a pochi mesi dalle elezioni. E accorgersi di avere scialacquato a destra e a manca, o forse no, comunque di non sapere con certezza che fine abbia fatto una fetta dei soldi. Insomma di non avere il polso della situazione. Paradossale, è vero. Assurdo, e chi lo nega. Ma alla Regione Lazio, già prima della bufera marrazziana, si ragionava così, a colpi di intuizioni lampanti ma tardive.
Lo dicono le carte, saltate fuori soltanto ora dalla nebulosa di atti e protocolli: solo a maggio qualcuno si è reso conto che mancava un riflettore acceso sui contributi erogati dall’area comunicazione. Un comparto strategico, da cui dipende l'immagine della Regione. E allora, con un tempismo preoccupante, da un dipartimento hanno pensato bene di sfornare una determinazione ad hoc. Gonfia di equilibrismi linguistici: urgeva costituire «un gruppo di lavoro per lo studio di un progetto finalizzato alla realizzazione di un database per il monitoraggio e la gestione dei contributi erogati dall’Area coordinamento attività di informazione». Cioè, si badi bene, non per compilare subito l’agognato elenco delle uscite, ma per capire come meglio farlo più avanti, in un secondo momento. Un piccolo delirio burocratico. E di sprechi: questa task force costa ai cittadini 52mila euro, la metà dei quali utilizzati per pagare chi è stato chiamato a occuparsene. Dodici dipendenti regionali che, oltre al loro stipendio, hanno incassato un insperato surplus. Mentre è lecito domandare cosa abbiano fatto gli uffici che potevano occuparsene, stracarichi di consulenti esterni.
«Qualcosa deve essere successo - denuncia Fabio Desideri, vicepresidente della commissione Urbanistica in consiglio regionale - fatto sta che ci si è mossi dopo quattro anni e mezzo, all’insegna del meglio tardi che mai. Da allora sono trascorsi sei mesi, ed è auspicabile che un po’ di ordine sia stato fatto. Certo è che questo atto dimostra gravi manchevolezze amministrative e organizzative, per non dire superficialità, del governo Marrazzo». E magari si trattasse di un caso isolato: come abbiamo documentato di recente su queste pagine, quella delle task force è vizio molto caro all’ex (?) presidente.

Marrazzo, a un tratto, si è accorto di non avere memoria delle nomine da lui effettuate e ha messo su un altro bel gruppo di lavoro, stavolta formato da sette membri, come sempre interni, per una spesa di 20 mila euro e spiccioli. L’amaro prezzo della sbadataggine. Di nuovo.

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