"Su di noi non investiranno mai: siamo dei clienti sicuri che assicurano entrate certe. E la nazione non se ne occupa". Ma chi sono i pendolari, i "viaggiatori quotidiani" che ogni giorno si incontrano tra un binario e l'altro, imbastiscono amicizie, si confidano con il vicino di posto per stemperare le lunghe attese e confortarsi a vicenda? Dopo anni di proteste e numerose rivolte, i pendolari della linea Milano-Torino hanno preso forma concreta, hanno dei volti, esistono come persone a cui è stata restituita umanità. Il regista Mimmo Sorrentino, che li seguiti per tre anni, ha dato loro voce realizzando uno spettacolo che porta in teatro la scenografia del presente sullo sfondo del nostro vivere quotidiano, i disagi della nostra società, immergendo lo spettatore nel loro viaggio quotidiano sempre più scomodo e ricco di incognite e sorprese. In scena, tre passeggeri e un controllore-violinista per raccontarci e parlare di arrivi, partenze, treni soppressi, ritardi, cancellazioni, cambi di binari. "Pendolari" il primo dei quattro titoli della personale che il Crt dedica al drammaturgo e regista Mimmo Sorrentino (in febbraio, il debutto di "Vado via", il suo nuovo spettacolo realizzato con gli studenti della scuola d' arte drammatica Paolo Grassi) - suoi maestri Norberto Bobbio, Danilo Dolci, Italo Mancini, Vittorino Andreoli, Piergiorgio Odifreddi. - e si ispira ad un metodo proprio delle scienze sociali: l'osservazione partecipata, oggetto di studio presso la cattedra di storia del teatro dell'Università di Pavia (il suo lavoro coinvolge attori, studenti, disabili, tossicodipendenti in recupero, alcolisti, anziani, extracomunitari, abitanti delle periferie del nord Italia). Lo spettacolo porta in scena dialoghi stonati, nati da frustrazioni di vite consumate tra attese e silenzi, tra i problemi e le avventure di chi esce di casa alle cinque e mezza di mattina e ritorna alle nove di sera, "per lasciare Milano - dice un intervistato - città solo per "ricchi" e ritornare a Torino più umana e accogliente". "Pendolari - spiega Sorrentino - è una tragedia così struggente che si corre il rischio di non vederla. È così dirompente che si è portati a prenderne le distanze. È quel così della nostra condizione umana. Una tragedia senza riscatto. Per tre anni ho intervistato pendolari, li ho spiati e ho fatto il pendolare anche io, li accompagnavo da Milano a Torino, a fine corsa. Queste persone si sentono dei clienti trasformati in prodotti che rendono economicamente e alle mie domande si entusiasmavano, ritenendo fosse giusto raccontare la loro tragedia". C'era attenzione per il tuo lavoro di ricerca?
"Si certo, desideravano che si raccontasse la loro vita, ma raccontavano poco e quasi sempre senza particolari come se non avessero parole. Era come se le parole si fermassero sulla punta della lingua. Per tre anni ho cercato una lingua per raccontarli senza mai trovarla". E alla fine il regista ha capito che contava solamente dare corpo e voce a quel doloroso silenzio, "restituire ai clienti abituali la loro umanità, riscattarli dall'essere un semplice prodotto che garantisce entrate". Ed ha ambientato lo spettacolo in una piazza italiana alla De Chirico, su una panchina, dove due uomini e una donna attendono il treno, sullo sfondo, come il controllore, misteriosa figura nascosta. "Una tragedia contemporanea che non ha la forza di esplodere perché troppo misera per manifestarsi.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.