Il tecnico nerazzurro mette pepe e un pizzico di veleno nel suo derby personale: «Sono stato da una parte e dall’altra La Juve veniva dalla B e aveva un budget stretto: ora lì è più facile»

«Siamo nati per giocare a calcio. Siamo nati per attaccare. Siamo nati per vincere». Parole e musica di Antonio Conte. Nato juventino e cresciuto davvero come tale, perché papà Cosimino era magazziniere, allenatore e presidente della Juventina Lecce, colori rigorosamente bianconeri. Oggi, lo stesso Conte è il vate della Juventus vera: può dire quello che vuole e il popolo lo segue. Sa come toccare le corde di quei tifosi che hanno masticato amaro per anni e che ora quasi non credono di potersi vantare di essere di nuovo davanti a quasi tutti. Il Milan è ancora lassù, d'accordo: ma intanto il Diavolo è stato sbattuto fuori dalla Coppa Italia proprio dalla Signora e le altre rivali sono staccate non di poco. Tra queste, l'Inter: avversaria di stasera, quindici punti dietro in campionato, fuori da Champions e Coppa Italia. Nemica numero uno per mille motivi che ovviamente riconducono anche a calciopoli: per questo, il match odierno non sarà una normale sfida tra seconda e settima in classifica. Chiaro comunque che Conte non si fidi e che, indossando quella maschera buonista sconosciuta fino una ventina di giorni fa, predichi non solo attenzione ma dispensi anche considerazioni rasserenanti: «L'Inter non è così dimessa e non farà la vittima sacrificale. Semmai, disputerà la partita della vita: l'idea di interrompere la nostra imbattibilità fa gola a tutti». Trentadue partite senza perdere, tre delle quali in Coppa Italia e scusate se è poco: «Come si recuperano quattro punti al Milan? Abbiamo ancora dieci giornate in cui dovremo dare tutto, i conti li faremo alla fine. Per adesso pensiamo a battere l'Inter. Concentriamoci sul presente: loro meritano grandissimo rispetto per quanto di straordinario fatto in questi anni. Pochi mesi fa festeggiavano la conquista della Coppa Italia, un anno e mezzo fa centravano il triplete: hanno una rosa così importante che fatico a capire come mai si trovino in quella posizione. Pazzini dice che non hanno più nulla da perdere? Sono d'accordo, ma mi auguro che nessun mio giocatore dichiari mai una cosa del genere».
Di calciopoli non si vuole parlare ed è, finalmente, segno di grande maturità: «Legarsi a cose vecchie può diventare un peso. Noi dobbiamo guardare con molta gioia al nostro quotidiano. La Juve è tornata ad essere competitiva, è entrata in finale di Coppa Italia dal portone principale battendo il Milan, la squadra più titolata al mondo: avere centrato un traguardo del genere deve essere motivo di orgoglio e soddisfazione. Pensiamo al domani, è meglio». E se la coreografia speciale annunciata per oggi - stadio ovviamente esaurito in prevendita - si limiterà agli sfottò e a prese in giro goliardiche, Conte avrà ottenuto un'altra piccola vittoria. In attesa poi di alzare davvero un trofeo che sia uno, anche se Allegri e il Milan hanno già prenotato la seconda stella: «Le parole del tecnico rossonero non mi sorprendono, perché conosce il potenziale della sua squadra. Ho sempre sostenuto che il Milan sarebbe stato nettamente favorito in campionato, anche se qualcuno pensava che io bluffassi».


L’Inter da battere oggi - con Matri centravanti e Barzagli di nuovo convocato -, il Milan da superare un domani: la Juventus può di nuovo guardare dritta negli occhi le pari grado. Archiviando il passato, facendo tesoro del presente e puntando decisa al futuro.

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