Per diventare Sinner, doveva alzarsi all’alba quando ancora era buio. «Arrivava a scuola per ultimo - ricorda il suo compagno di banco Raphael Mahlknecht -, e inizialmente stava da solo. Lui si arrabbiava molto, perché arrivava in ritardo. Si vergognava. Dopo qualche giorno, ci siamo seduti vicini». Alle origini di Jannik, prima della Sinnermania. Quando la sveglia suonava prima delle 5 mattina, perché c’era da prendere un bus, e poi un treno, infine un altro bus, prima che suonasse la campanella alle 8 per l’inizio delle lezioni all’istituto Walther di Bolzano, indirizzo tecnico economico orientato allo sport.
«Arrivava da Sesto, era una strada molto lunga fa fare. Mentre io impiegavo mezz’ora di pullman, lui doveva alzarsi molto presto; usciva col buio e rientrava col buio, ma non l’ho mai visto lamentarsi. I genitori non potevano accompagnarlo, visto che il papà Hanspeter, che lavorava come cuoco, e la mamma Siglinde, cameriera in una piccola pensione, non avevano tempo. Arrivava in ritardo solo il primo giorno. Perché si vergognava così tanto che gli altri giorni era sempre puntuale».
Ultimo ad arrivare, ma il più bravo in una classe di sportivi tra cui Raphael, azzurro del telemark, che è una tecnica che combina elementi dello sci alpino con elementi dello sci nordico, detta anche a «tallone libero». «Sì - prosegue -, sono di rientro dalla Svizzera da una gara di Coppa del Mondo e ho visto il match di Jannik in macchina. Fra i nostri compagni di classe c’è anche Nicole Gabrielli, campionessa italiana nella carabina 10 metri del tiro a segno». Jannik, rivela Raphael, ha sempre avuto le idee chiare: «Lui in Australia è stato eccezionale. Ma non mi sorprende: ha sempre detto che voleva diventare il numero 1 del tennis come il suo idolo Federer, però poi all’età di scuola tutti lo dicono, ma il difficile è arrivarci. Ho tanto rispetto per lui, adesso mancano pochi posti per scalare la vetta. Mi viene in mente quella volta a scuola in cui aveva delle palline di tennis nel suo zaino e una è caduta e l’ha presa una compagna di classe, che ha detto a Jannik: «Adesso ti costringo a firmare la palla e poi quando diventerai famoso la vendo su ebay».
Chissà ora quanto varrà quella pallina... Da compagno di banco di Jannik, Raphael può raccontare com’era a scuola e tutti i sacrifici che ha dovuto sostenere per conciliare scuola e sport: «Gli insegnanti erano molto contenti di lui, anche se era via molto spesso per gli allenamenti e poi a maggior ragione quando per il tennis è andato a Montecarlo.
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