Il teorema Santoro-Travaglio: il ricattato è Silvio

Il ricattato è Silvio, si dimetta. Così "Annozero" trasforma il "caso Marrazzo" in una requisitoria contro il presidente del Consiglio. Tirando in ballo tutti, da Provenzano fino alla D’Addario. E la telefonata del Cavaliere all’avversario diventa il pretesto per battere sul conflitto d’interessi

Il teorema Santoro-Travaglio: il ricattato è Silvio

Luci (rosse) della ribalta. Venghino signori venghino nel Gran Circo della politica riveduta e corretta dall'indomito domatore Michail Santoro. Tutto fa spettacolo ad Annozero, un reggiseno, come una faccia tosta fuori misura. Il chiaroscuro (molto più scuro che chiaro) degli appartamenti-loculi in cui alloggiano i viados della zona Gradoli-Due Ponti così come aveva fatto (a suo tempo) spettacolo la camera da letto di Silvio Berlusconi, come l'intervistona a Patrizia D’Addario. Nella trasmissione più trans-genica che il servizio pubblico possa proporre ai forzati del canone c'è spazio e tempo per tutto e tutti purché tutto e tutti, adeguatamente modificati con raffinate tecniche che fanno arrossire di vergogna gli ingegneri genetici, appunto, conducano sempre in un porto sicuro. E che cosa c'è di più sicuro che un approdo in casa del presidente del Consiglio?
D'altra parte, dite la verità, chi potevate immaginare che ci fosse dietro il caso Marrazzo se non lui, sempre e soltanto lui, Silvio, l'ossessione notturna del Gran Tribuno Santoro e ancor più del Gran Pinocchio Travaglio (sì, proprio quello che ogni giovedì declama, leggendola dal taccuino la sua poesiola davanti alla famiglia riunita per farsi fare le carezzine e gli applausi del quantoseibravoebello). Già, meno male che c’è Travaglio l’informatissimo, detto «un tanto al chilo». Perché il suo pippone di ieri sera fa tornare Annozero al vero Annozero. Ridà smalto e vigore (ma soprattutto le restituisce il vero volto) a una trasmissione che stava somigliando fino al suo mirabile intervento a «Un giorno in pretura».

Che cosa ci ha detto Travaglio? Che cosa ci ha fatto capire con la sua solita chiarezza? Che la colpa è di Berlusconi. Anzi, di più. Che Berlusconi è il grande regista del caso Marrazzo, che Berlusconi ha quasi ricattato (avete letto bene: ricattato, visto che Travaglio annuisce di soddisfazione mentre recita la poesiola del giovedì) avvisando il governatore della Regione Lazio del video che sta circolando e «se è vero come è vero - chiosa il Gran Pinocchio-Travaglio - che chi cede ai ricatti e non denuncia si deve dimettere allora come mai questa regola vale solo per Marrazzo e non per Silvio Berlusconi?». Fantastico, suggestivo teorema per dimostrare il quale Travaglio mette in fila tutti gli strani episodi che hanno o avrebbero coinvolto il premier reticente. A cominciare ovviamente dall’ultimo: la notizia del video su Marrazzo riferita al Cavaliere dalla figlia Marina.

Ecco ci spiega Travaglio, vedete come si è comportato Berlusconi? Ha chiamato Marrazzo lo ha avvisato gli ha detto dove comprare il video e anche lui non ha denunciato, non gli è venuto in mente di denunciare il ricatto. Un vizio quello di Berlusconi, secondo Travaglio, visto che nel 1975 ha subìto un attentato mafioso nella sua villa di via Rovani ma non lo ha denunciato. Così come, giura Travaglio, non ha denunciato un altro simile attentato nell'86. E ancora (non c’è ragione di dubitare visto che è sempre Travaglio ad affermarlo con sicumera) per lo stesso motivo (minacce? ricatto?) avrebbe deciso di mandare all'estero i suoi figli (come hanno fatto peraltro centinaia di imprenditori) per metterli al riparo da possibili sequestri. Poteva concludere il suo sermone Travaglio senza citare il tandem che fa sempre pedalare volentier quello composto dall’avvocato Mills e dal premier? No,macchè quindi rieccoci. Siamo sempre lì. Magari (lo suggeriamo a Pinocchietto) mettiamoci anche Mills dietro l’affare Marrazzo così il quadro è completo. Dimenticavamo: pensate che in soccorso di Travaglio arriva persino la debuttante Debora Serracchiani.

La Debora non ha le idee chiare ma chiarissime tanto da sentenziare che: «La questione politica è chiusa perché i nostri si dimettono quando sbagliano. Diciamo che da questa vicenda ho scoperto che l’Italia è un Paese di dimissionari tranne uno… ».

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