"L'Isis dietro l'attacco alla Crocus City Hall": Mosca ammette ma attacca ancora Kiev

A due mesi dall'attentato alla Crocus City Hall di Mosca, le indagini russe forniscono un'ulteriore ricostruzione dei fatti: una collaborazione tra Isis-k e Kiev

"L'Isis dietro l'attacco alla Crocus City Hall": Mosca ammette ma attacca ancora Kiev

Sono passati più di due mesi dall'attentato alla Crocus City Hall di Mosca che provocò la morte di almeno 144 persone. Dall'enorme attenzione mediatica dalla quale l'attacco è stato investito, con il passare delle settimane il caso è finito nelle secche delle investigazioni interne, ma soprattutto è stato oscurato dalle altre tensioni internazionali.

La pista ucraina dietro l'attentato alla Crocus City Hall

Tuttavia, nonostante il grande dibattito che si era scatenato sulla paternità dell'assalto, Mosca ha continuato a sostenere una e una sola tesi: la pista ucraina con la complicità delle potenze occidentali. Una versione probabilmente frutto della spinta interna degli ultranazionalisti, dei quali Vladimir Putin è, a suo modo, "vittima". Una versione dei fatti che presentava comunque delle zone oscure e che non spiegava, ad esempio, la direzione della fuga degli attentatori dopo l'assalto. Ma anche una narrazione che poi non collimava con il dito puntato contro gli Stati Uniti, "rei" di non aver fornito qualcosa di più di un "avvertimento generico" sull'ipotesi di attentati a Mosca.

Sta di fatto che l'attentato aveva consentito al "partito della guerra" di tornare alla ribalta, guidato da Nikolaj Patrushev, siloviko con tante macchie e poca paura. L'attentato aveva offerto loro la possibilità di rialzare la testa e vedere avallati i loro proclami dopo la tragedia che ha colpito la nazione. In quel frangente, infatti, ritrovarono voce sui social come negli spazi mediatici tradizionali l'ideologo Alexandr Dugin e il suo patron mediatico Konstantin Malofeev, che dalla sua "Fox tv in salsa russa" (Tsargrad) fu pronto a scatenare la sua crociata mediatica contro Volodimir Zelensky.

La tesi rinnovata sulla matrice dell'attentato alla Crocus City Hall

Ora, però, quasi otto settimane dopo, la ricostruzione di Mosca si complica e si arricchisce di dettagli. La Russia ha riconosciuto per la prima volta chiaramente la responsabilità dell'Isis nell'attacco alla Crocus City Hall. "Durante l'indagine, è stato accertato che i preparativi, il finanziamento, l'attacco e la fuga dei terroristi sono stati coordinati via Internet da membri del gruppo Vilayat Khorasan", il ramo afghano dell'Isis, ha dichiarato il direttore dei Servizi di sicurezza russi Alexander Bortnikov, citato dall'agenzia Ria Novosti. Tuttavia, il direttore dell'Fsb ha sottolineato che si può affermare con certezza che l'intelligence militare ucraina è direttamente collegata all'attacco terroristico.

Lo ha dichiarato in una riunione del Consiglio dei capi delle agenzie di sicurezza e dei servizi speciali degli Stati membri della Csi a Bishkek: "Alla fine dell'attacco, i terroristi hanno ricevuto il chiaro ordine di spostarsi verso il confine ucraino, dove da quella parte era stata preparata una finestra" per la fuga, ha aggiunto. Bortnikov ha poi aggiunto che l'indagine sta al momento individuando l'intera cerchia delle persone coinvolte nel crimine, più di 20 persone sono già state arrestate, compresi gli autori diretti e i complici. Secondo il capo dell'Fsb, due dei quattro partecipanti all'attentato erano arrivati in Russia dalla Turchia poco prima dell'attentato. Uno dei detenuti, infatti, ha ammesso di essere arrivato da lì il 4 marzo. Secondo Bortnikov gli è stato offerto mezzo milione di rubli per compiere l'attacco e "uccidere più persone possibile".

Isis-k e Kiev assieme

Sostenendo l'ipotesi di collaborazione tra Isis-k e Kiev, Mosca confermerebbe che dietro l'attacco c'è stato sì il coordinamento del gruppo islamista, ma continua a ribadire la tesi della regia ucraina. Sebbene l'attacco al Crocus sia stato subito rivendicato dall'organizzazione jihadista dello Stato Islamico, le autorità russe hanno continuato a vedervi la mano dell'Ucraina, mentre Kiev ha sempre rifiutato categoricamente qualsiasi coinvolgimento. Alla fine di marzo, Putin aveva ammesso che l'attacco era stato commesso da "islamisti radicali", ma ha continuato a far intendere che il reale patron dell'operazione era Kiev. Lo stesso capo dell'Fsb ha ribadito il presunto ruolo dell'intelligence ucraina. "L'indagine continua, ma possiamo già dire con certezza che l'intelligence militare ucraina è direttamente coinvolta nell'attacco", ha detto. Tuttavia, di questo, non vengono fornite prove.

Circa due settimane dopo l'attacco, uno scoop del Washington Post aveva rivelato che le informazioni fornite dagli Usa erano più che dettagliate. Un aspetto che nemmeno la Casa Bianca aveva tenuto a sottolineare nell'immediato. A questo proposito, si era aperto in Russia un grande dibattito: gli assalitori della sala concerti non avevano incontrato una resistenza significativa da parte delle forze di polizia o di sicurezza all'interno del teatro. Strano.

I media russi, poi, riferirono che le forze specializzate della polizia erano giunte in loco più di un'ora dall'inizio della sparatoria e avrebbero atteso più di mezzora prima di entrare nell'edificio, permettendo agli assalitori di completare la carneficina e fuggire. Una lentezza ingiustificata: un'ora e mezza complessiva per agire sembrò davvero troppo.

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