Fermare le donazioni ad Hamas: Washington chiama il Golfo

Come si sostenta Hamas? Attraverso una pletora di enti di beneficenza e società matrioska sparse nel Golfo e nel resto del mondo. Ora Washington chiede una stretta agli alleati mediorientali

Fermare le donazioni ad Hamas: Washington chiama il Golfo
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Privare Hamas degli afflussi di denaro dall'estero come principale strategia per combatterne la controffensiva. Questo l'oggetto della chiamata alle armi da parte di Washington nei confronti degli alleati nel Golfo. Secondo il Ministero del Tesoro degli Stati Uniti, una riunione del Terrorist Financing Targeting Center (un organismo che mette insieme Stati Uniti, Arabia Saudita, Bahrain, Kuwait, Oman, Qatar ed Emirati Arabi Uniti) sarebbe stata anticipata allo scorso lunedì invece che tenersi il mese prossimo.

Parola d'ordine: bloccare il supporto economico ad Hamas

Nel meeting, gli Stati uniti avrebbero incitato gli alleati alla condivisione di informazioni al fine di poter emettere sanzioni contro singoli individui o entità: l'obiettivo è impedire ad Hamas di profittare dell'attacco a Israele del 7 ottobre scorso per raccogliere fondi o accumulare donazioni. Da parte sua, Washington si impegna a non condizionare gli aiuti umanitari a Gaza a nessuna delle sanzioni che potrebbero partire nelle prossime settimane. Sorvegliato speciale è il Qatar, che da sempre ha fornito supporto politico e finanziario, essendo buen retiro di numerosi leader politici di Hamas. Ed è proprio qui che, dopo il meeting, si è recato il Sottosegretario Usa Brian Nelson per chiedere agli alleati del Golfo di osservare attentamente gli enti benefici e quelli legati in qualsivoglia modo ad Hamas, anche precedentementi sanzionati, nonchè tutte le organizzazioni di nuova costituzione.

Enti benefici e società di costruzioni: gli affari sporchi di Hamas

Gli Stati Uniti lanciano l'allarme soprattutto sugli enti benefici, ma anche su società di comodo o istituzioni finanziarie con sede nella regione: sarebbero già dieci le sanzionate scatatte contro membri e associati a Gaza e in Algeria, Qatar, Sudan e Turchia per connivenze con Hamas. Tra questi l'Asyaf Group, compagnia con sede commerciale in Sudan; l'algerina Sidar Company, fittizia società di costruzioni; e ancora, la Trend Gyo, compagnia di costruzioni con sede a Istanbul; la Agrogate Holding e la Al-Rowad Real Estate Development, anch'esse con sede in Sudan.

Se compagnie e società sono un ottimo modo per Hamas per riciclare denaro, gli enti benefici sono la strategia migliore per ottenerlo. La Union Good (con sede in Arabia Saudita) risulta fra gli enti benefici sanzionati per connivenze con Hamas nel database di OpenSanctions: assieme a questa la Sanabil Association for Relief and Development con sede a Sidone, in Libano e una pletora di organizzazioni operanti fuori dal Medio Oriente, soprattutto in Europa, sanzionate da vari governi per i loro legami con Hamas. Accanto a queste organizzazioni, almeno tre individui che gestiscono un tesoro di Hamas pari ad almeno 500 milioni di dollari, secondo le stime del Tesoro Usa. Si tratta di agenti di Hamas di lunga data, alcuni con sede in Qatar e con legami stretti anche con l'Iran.

Criptovalute: il tesoro nascosto di Hamas

I colloqui di alto livello tra Usa e Paesi del Golfo suonano anche come un sinistro avvertimento: le richieste e le intimazioni americane, infatti, riguardano anche le loro istituzioni bancarie e finanziarie. Qualora Wshington dovesse appurare che fondi diretti a finanziare Hamas siano transitati dalle casse del mondo arabo, ciò esporrebbe le relative banche e istituzioni a sanzioni secondarie, oltre che deteriorare il clima di collaborazione con gli Stati Uniti. Più facile a dirsi che a farsi, considerando il supporto popolare di cui Hamas gode anche in realtà molto diverse dalla Palestina come quelle saudite ed emiratine. Per questa ragione le criptovalute, ma soprattutto i fornitori di servizi ad esse legate, sono nel mirino degli Stati Uniti: la tecnologia peer-to-peer, che garantisce l'anonimato delle transazioni deve essere apparsa, infatti, come un Eldorado alle organizzazioni terroristiche, in grado ora di battere cassa più agevolmente. Le valute digitali predilette? Il Dogecoin tanto caro a Elon Musk, e le Tether e USDC, più stabili perchè ancorate al dollaro. Un metodo divenuto comune anche all'intero universo del terrorismo islamista e alle sue affiliate: la Jihad Islamica, l'Isis ma anche Hezbollah, che spesso attraverso campagne call to action cercano di mobilitare i loro seguaci a sostenere economicamente la "resistenza".

Si stima che tra l'estate 2021 e l'estate 2023, Hamas sia riuscita così a raccogliere 41 milioni di dollari. Un tesoro andato a pompare le risorse dell'organizzazione, le cui finanze ammonterebbero a circa il 20% delle finanze del terrorismo globale.

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