Ci sono i vangeli canonici e quelli apocrifi, il vangelo di Giuda e quello degli atei, nessuno dei quali risponde a un'obiezione essenziale: come è possibile incarnare un pezzo di Dio nella carcassa di un uomo, con i rischi che un simile azzardo comporta? Il mondo è pieno di imprevisti, l'alea regna sovrana in più di un ambito e, come recita il proverbio, quando gli uomini fanno dei progetti, Dio ride. Solo che stavolta non può ridere, se non altro perché è Lui a progettare. No, per mandare in porto l'operazione Gesù serve una missione di controspionaggio, meglio se delegata ai servizi segreti dell'esercito (celeste). Gli angeli, per l'appunto, anzi un corpo scelto di angeli: giovani (non è previsto il dubbio senile), efficienti (figurarsi cosa accadrebbe se facessero cilecca) e soprattutto obbedienti, visto che in alcuni casi si tratta di non battere ciglio di fronte a massacri di innocenti (Erode) e casi di malagiustizia (non quell'uomo, ma Barabba!). Gli angeli devono intervenire tempestivamente: inviando sogni, suscitando profezie, apparendo ai pastori. Devono avvertire Maria che l'attende una gravidanza un tantino anomala e, quanto all'ira di Giuseppe, bisogna disinnescarla con un sogno ben assestato: non ci si possono permettere scenate di gelosia e nemmeno un eventuale ripudio. In seguito, il cammino del Salvatore deve essere tenuto sgombro: se la bella Ruth si innamora del ragazzo, un serafino le indirizza una scossa che brucia ogni speranza.
Per tacere del superlavoro reso necessario da tre anni di predicazione, con tutti quei miracoli. Tendenzialmente burocratici (hanno sempre in mano un modulo da riempire), tecnologicamente aggiornati, rasentano spesso la fantascienza: per inviare lettere «consegnate dagli agenti astronautici in busta chiusa coi razzi internebulari» si servono delle «stazioni di posta sparse lungo l'universo». Un po' soldati e un po' pompieri («La luce rossa si accendeva e spegneva in continuazione, le sirene suonavano e subito tutti dovevano presentarsi all'adunata nel cortile»), gli angeli devono agire con diplomazia in quanto «garanti del libero arbitrio». Del libero arbitrio degli uomini o di quello di Dio?
Meglio tenersi alla larga dagli abissi della teodicea: in Il Vangelo degli angeli (HarperCollins) Eraldo Affinati segue il tracciato dei Vangeli canonici e anche quando ne arricchisce il dettato con fonti apocrife o letterarie non le usa mai per negare il parere ufficiale della Chiesa. Se talvolta gli capita di sermoneggiare («Capito, ragazzi? Dobbiamo crescere insieme, buoni e cattivi») lo fa sempre con garbo, in più ogni tanto si ricava uno spazio aperto alla libera interpretazione: come quando accenna all'ipotesi che il significato profondo dell'Incarnazione non sia di riallacciare i legami, allentati dall'incidente della Caduta, fra lo spirito e la carne, ma di fare pace con la nostra origine ferina (con i «fitti peli da cui tutti discendiamo»), rinunciando alle luciferine ipotesi di un nostro connaturato angelismo. Il romanzo, che si lascia leggere con piacere e profitto, merita un plauso perché si fa carico del nucleo gloriosamente utopistico dei Vangeli.
Ama i tuoi nemici, benedici chi ti maledice: la Magna Carta del Nazareno è «il discorso della montagna», lì si annida la novità del cristianesimo e la sua differenza rispetto alla spietata morale del mondo antico. Non: «io ti do, così tu mi darai», bensì: «io ti do e basta». È il sogno di una vita dominata dalla gratuità, non dall'interesse, cioè il sogno che oggi più che mai si tenta incessantemente di crocifiggere.
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