Tibet: dilaga la rivolta, retate a Lhasa

Centinaia di studenti intonano slogan contro Pechino. Censurata You Tube per impedire la difussione di foto e filmati. In 500 assediano l'ambasciata cinese in Olanda

Tibet: dilaga la rivolta, retate a Lhasa

Hanno imprigionato il “tetto del mondo”, ma la rabbia è già volata via e il contagio dilaga. Dopo la rivolta di Lhasa quattro province cinesi abitate da minoranze tibetane sono in allarme. Nel Sichuan già si parla di nuovi morti dopo una domenica contrassegnata dagli scontri tra poliziotti e dimostranti nelle strade della contea di Aba. A Xiahe, una città della provincia di Gansu, le autorità sono costrette a imporre il coprifuoco per impedire le marce di monaci e militanti tibetani. Nella provincia di Gansu le squadre antisommossa vigilano all’entrata dell’università dove riecheggiano gli slogan anticinesi intonati da un gruppo di un centinaio di studenti. A Tongren una comunità di 100 monaci a cui è stato imposto di non lasciare il monastero di Rongwo beffa le forze dell’ordine e dopo aver abbandonato il tempio si dà appuntamento sulla cima di una collina inscenando una veglia per il Tibet illuminata da pire d’incenso e fuochi artificiali. Così mentre l’esercito sigilla con i carri armati Lhasa, la polizia allontana gli stranieri dal Tibet e la censura blocca YouTube per impedire la diffusione di foto e filmati, la protesta dilaga sulle ali di rabbia e indignazione mettendo a rischio le Olimpiadi. Anche in Europa la causa tibetana spinge molti a protestare contro le autorità cinesi. All’Aia, in particolare, 500 persone hanno assediato l’ambasciata e la situazione ha rischiato di degenerare quando i più scalmanati hanno tentato l’assalto alla sede diplomatica. Manifestazioni più pacifiche si sono svolte a Londra, Parigi, Roma e Bruxelles.

In Cina la situazione più tesa e drammatica è quella della contea di Aba. Lì monaci e dimostranti scendono in piazza con la stessa rabbia e determinazione esibita a Lhasa e le forze di sicurezza rispondono con la stessa brutale violenza. Secondo il Centro tibetano per i diritti umani e la democrazia, nella città si contano almeno sette morti e decine di feriti. Stando a un militante tibetano raggiunto al telefono, tutta la domenica è stata contrassegna da scontri e sparatorie costate la vita ad almeno dieci persone. Ma il bilancio complessivo, secondo altre fonti, raggiungerebbe gli 80 morti.

La battaglia urbana sarebbe stata innescata dalla manifestazione di un gruppo di studenti partita da una scuola superiore in lingua tibetana. «Adesso la situazione è tesissima - riferiva il militante - ci sono poliziotti in tutte le strade, controllano i passanti e danno la caccia ai feriti degli scontri». Altri confusi resoconti raccontano di strade invase da giovani armati di bottiglie incendiarie e di palazzi governativi presi d’assalto. In particolare sarebbero andati in fiamme il mercato, una stazione di polizia e due automobili delle forze dell’ordine. Numerosi testimoni raccontano di poliziotti e militari impegnati a sparare sulla folla.

Le stesse forze di sicurezza sono sorprese e allarmate dal

divampare del contagio. «Sono diventati pazzi, hanno veramente perso la testa», commentava al telefono un ufficiale della polizia di Aba barricato assieme ad altri colleghi dentro la prefettura circondata dai manifestanti.

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