Tony Vilar: «Sto vivendo un sogno»

Alla proiezione della sua «Vera leggenda» c’era anche il cantante di «Cuando calienta el sol»: «Mi sono ritirato perché avevo perso i capelli»

da Roma

Accade sempre ai festival. Per misteriose vie cinefile, unite a una buona dose di marketing, un film minore diventa «imperdibile». È il caso di La vera leggenda di Tony Vilar, l’esordio di Giuseppe Gagliardi accolto nella sezione Extra. Trattasi di «mockumentary», neologismo che sta per finto documentario dai risvolti comici, un po’ come l’atteso Borat propagandato dal Foglio con un inserto. Insomma, uno scherzo ben congegnato dove elementi di realtà e di finzione si mischiano. La realtà riguarda il nome e la fisionomia del protagonista, appunto Tony Vilar, al secolo Antonio Ragusa: calabrese oggi quasi settantenne, nel 1952 partì da Genova alla volta dell’Argentina, dove diventò cantante da hit parade, lanciando in tutto il Sudamerica canzoni come Cuando calienta el sol. La finzione sta tutta nell’idea che un suo lontano e giovane parente, incarnato dal musicista Peppe Voltarelli, si metta in testa di rintracciare il cantante di cui, da decenni, si sono perse le tracce. Un autentico viaggio alla scoperta dei Due Mondi, ma anche una peregrinazione buffa, punteggiata di canzoni e bozzetti, sui luoghi dell’emigrazione. Prima tappa, il quartiere Boca di Buenos Aires, dove la memoria di Tony Vilar palpita ancora; seconda tappa, il Bronx caro a tanti film di mafia, dove Vilar si trasferì insieme alla moglie per vendere automobili usate dopo lo scacco più bruciante della sua vita.
State a sentire. A ventiquattro anni, all’apice del successo, Vilar cominciò a perdere i capelli. Un crollo di immagine per un cantante melodico, tra Massimo Ranieri e Paul Anka, caro al pubblico femminile. Nel tentativo di arginare la calvizie, il poveretto accettò di indossare un parrucchino, ma l’entusiasmo di un fan rivelò il trucco, con effetti psicologici disastrosi. Tanto da fargli smettere di cantare.
«Proprio così. Ho chiuso con la musica perché ho perso i capelli», conferma Tony Vilar, tornato per la prima volta in Italia dopo 54 anni. Dovevate vederlo, ieri alla Festa. Cappello da marinaio, stivali a punta e pantaloni bianchi, non stava nella pelle per la commozione. Si può capirlo. «Sto vivendo dentro un sogno. Grazie a questi ragazzi, ho fatto pace con una parte di me dalla quale avevo psicologicamente divorziato. Sono tornato ad essere Tony Vilar». Il film, pieno di annotazioni antropologiche e buona musica, inclusa una canzone scritta apposta da Voltarelli per Vilar, si gusta come un pastiche affettuoso, dai risvolti malinconici.

Specie nella parte girata a New York: lì, tra nomi veri e inventati (Frank Bastone, Joey Ricciolo, Tony Pizza), scopriamo quanto Little Italy assomigli ai film di Scorsese e viceversa. Distribuisce nelle sale Metacinema, a metà novembre.

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