Torino 2006 è una fiaccola accesa da 50 anni

È l’unico fondista ligure di tutti i tempi e si diverte ancora sulle piste di Courmayeur

Torino 2006 è una fiaccola accesa da 50 anni

Paola Balsomini

«Questa è la fiaccola di Cortina ’56, mi scelsero allora, ma soprattutto, a distanza di cinquant’anni, mi hanno chiamato per Torino ’06». Giacomo Villa fa un salto nel passato, dopo una vita trascorsa tra sci, scarponi e tanto sport: «Cinquant’anni giusti - racconta - un’emozione allora, e anche adesso sarà qualcosa di indescrivibile». Perchè il signor Villa è l’unico tedoforo che è stato rintracciato dall’organizzazione, dopo le passate Olimpiadi di Cortina e che domenica prossima, ovviamente con fiaccola al seguito, sarà chiamato alle 15.45 a compiere il tratto che va da Principe alla Stazione Marittima.
Un record, nella storia delle Olimpiadi: «Del resto sono anche l’unico fondista di tutti i tempi della nostra regione - racconta con l’entusiasmo di un ventenne - Ancora oggi insegno sci sulle piste di Courmayeur, così come mio figlio Carlo, ma lui preferisce la discesa, io invece sono rimasto fedele al fondo, la mia specialità». Lui e suo figlio sono un’istituzione, a Genova, tra gli appassionati di alta montagna. E non a caso Torino ’06 si è ricordata di Giacomo, che tra il ’50 e il ’60 ha vinto due titoli universitari, entrando così nella scuola d'élite dei militari alpini: «All’epoca in pochi avevano questa fortuna». Poi ancora due Olimpiadi, 4 campionati del Mondo, diversi campionati italiani di specialità: «Il massimo per quei tempi, del resto la televisione era appena arrivata e non c’era tutto questo clamore. Ma arrivare lassù, era qualcosa di particolare, una sensazione unica. Adesso sarà tutto diverso, tutto ha un’enfasi maggiore».
Toccando la fiaccola Olimpica invece sarà facile fare un salto nel passato: «Ma per me - continua Giacomo Villa - l’emozione sarà la stessa. Di allora mi ricordo il momento in cui mi passarono la fiaccola ma soprattutto mi impressionò il fatto di sapere di stringere tra le mani un oggetto simbolo che si tramanda negli anni, tra i paesi e le generazioni. Domenica forse il contesto sarà diverso, anche se i sentimenti saranno gli stessi di cinquant’anni fa».
Ma Villa fu anche protagonista di un altro episodio, negli anni passati, che lo rese famoso. Nel 1957 infatti guidò la spedizione di salvataggio di due alpinisti che rimasero bloccati da una tormenta sul Monte Bianco: «Riuscimmo a salvarli - ricorda - era il periodo di Natale e dopo quattro giorni Walter Bonatti e Silvano Gheser furono ritrovati ancora vivi. Fu come vincere un’altra gara, ma di quelle importanti». Riconoscimenti, medaglie e anni trascorsi tra sport e tanti dolci ricordi: «Fino a quando qualche tempo fa ricevetti una telefonata dell'organizzazione. Volevano me per Torino ’06, volevano che portassi ancora la fiaccola, proprio come allora. Accettai subito e ora sono pronto a partire. Anche se in realtà sono pochi metri; pettorina e scarpe da ginnastica, sarà bello come cinquant’anni fa. L’ultimo tratto sarà affidato invece ad Eraldo Pizzo, il “caimano“». Un’altra istituzione della pallanuoto.
Intanto, mentre racconta, allenato e in forma come allora alla faccia dei suoi ottanta anni, Villa mostra orgoglioso la sua fiaccola: «Ce la regalarono. Ognuno aveva la sua e l’abbiamo portata a casa, visto che per noi era il simbolo di un’epoca indimenticabile».


Adesso invece il trofeo disegnato da Pininfarina dovrà essere acquistato da chi è stato scelto per partecipare ad un avvenimento storico.
I tempi, anche per i tedofori, sono proprio cambiati, ma una tradizione che si tramanda da centinaia di anni ha sempre lo stesso sapore. E il signor Villa lo sa meglio di chiunque altro.

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