Torino, Ugo Fantozzi batte Cesare Pavese uno a zero

In «una certa enciclopedia cinese», «gli animali si dividono in: a) appartenenti all’imperatore, b) imbalsamati, c) addomesticati, d) maialini di latte, e) sirene, f) favolosi, g) cani in libertà, h) inclusi nella presente classificazione, i) che si agitano follemente, j) innumerevoli, k) disegnati con un pennello finissimo di peli di cammello, l) et caetera, m) che fanno l’amore, n) che da lontano sembrano mosche».
È il fantasmagorico Jorge Luis Borges, che lo scrive, in Altre inquisizioni, e le sue parole suonano, con il senno di poi, cioè di oggi, anche come una presa in giro sia del sapere enciclopedico, sia di ogni elenco che voglia proporsi come esaustivo. Stilare classifiche di merito, compitare su ogni settore dello scibile umano in base al principio «dentro o fuori» è un giochetto che funziona sempre. «Manca quello!», «ma come si fa a mettere quell’altro?», sbottano puntualmente lettori e ascoltatori. Accade per la lista del Pallone d’Oro, per le canzoni che hanno fatto la storia dell’Italia canterina e festivaliera... volete che non si verifichi per i 150 Grandi Libri, i 15 Super Libri, i 15 Personaggi e soprattutto i 16 (perché 16, poi?) Editori messi in fila dalle menti del prossimo Salone Internazionale del Libro di Torino ai quali sarà dedicata una mostra apposita? Tranquilli, accadrà. Anzi, è già accaduto. L’assenza dalla top 16 non è piaciuta ai marchi del Gruppo Gems come Longanesi, Salani, Bollati Boringhieri, Garzanti, e il fatto che siano stati ignorati sia le Editrici Paoline sia San Paolo secondo qualcuno sarebbe addirittura il sintomo di uno strisciante anticattolicesimo. Accuse che ovviamente gli organizzatori respingono.
«Centocinquanta, la gallina canta/ lasciala cantare, la voglio maritare». Cantano eccome, galline e galli, nel grande pollaio celebrativo dei 150 anni di Italia unita. E al numero magico 150 rimandano come da copione le liste sopra citate, presenti nel sito istituzionale della kermesse (termine ormai italianissimo nell’uso, benché olandese d’origine) torinese: www.salonelibro.it. Unica discrepanza, come detto, gli Editori omaggiati dell’iniziale maiuscola. Qualcuno avrà battuto i pugnetti sul tavolo? Probabile. Così si è addivenuti alla soluzione del 15+1. Chi sarà quell’«1»? Potrebbe essere Uno, nessuno e centomila.
Ecco, si dà il caso che il romanzo di Pirandello non compaia nel listone. Compare invece, con data 1873, il Proemio all’«Archivio glottologico italiano», di Graziadio Isaia Ascoli, che forse nemmeno Borges ha letto. Del resto, come si dice, ogni scelta è opinabile. Infatti opinabile è considerare Karol Wojtyla un autore italiano. Varcare la soglia della speranza, come dice il titolo di Papa Giovanni Paolo II (1994), è l’unica soluzione per salvare autori e volumi, capra e cavoli. Gli stessi cavoli che troviamo in La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene (1891), dello chef Pellegrino Artusi. E se Il mestiere di vivere, spiegava Pavese (assente dal listone ma presente, con Pirandello, nella top 15 dei Personaggi), è duro, immaginatevi come si sentirebbe, lo scrittore piemontese, nel vedersi battuto per 1 a 0, oltretutto in casa, da un ragioniere ultraconservatore e qualunquista come Ugo Fantozzi. La casella del 1971 appartiene infatti alla creatura di Paolo Villaggio la quale, a dispetto della «salivazione azzerata» per l’emozione, potrebbe esprimere, su molte opere che gli fanno compagnia, lo stesso giudizio formulato per La corazzata Potëmkin...
Il XXIV Salone di Torino, dal 12 al 16 maggio, si svolgerà all’Oval Lingotto, lo stadio che ospitò le gare di pattinaggio di velocità durante le Olimpiadi invernali del 2006. Sarebbe quindi troppo facile scivolare sul ghiaccio della polemica stigmatizzando presenze e lamentando assenze. Essendo giù di allenamento, metteremmo a rischio l’osso del collo.

E allora stiamo sulle generali, notando che i fantastici 15 Personaggi coprono l’intero arco costituzionale (ma esiste ancora?) e anche di più, comprendendo comunisti e fascisti di provata fede quali Gramsci e Pasolini e D’Annunzio e Marinetti. In fondo, diamine, siamo tutti italiani.

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