Torna alla Scala il basso degli Urali

Ha un nome che è uno scioglilingua. Ma che ha saputo riaccendere le glorie della Russia, terra di bassi d’eccezione. È Ildar Abdrazakov, con accento sulla seconda «a», il basso di Ufa, negli Urali, classe 1976, voce di qualità sopraffina, dieci anni di carriera invidiabile in parte condivisi con la moglie, Olga Borodina. A Milano lo si è visto e ascoltato spesso, anche alla prima scaligera del 2003 quando incarnò il ruolo del titolo nel rossiniano Moise et Pharaon.
Abdrazakov ritorna alla Scala lunedì (ore 20), per una inaugurazione: la serata d’apertura del ciclo di (sette) recital al Piermarini. A cadenza mensile, da qui al prossimo settembre, si alternano infatti alla Scala ugole d’oro e intelligenti, capaci di entrare nelle stanze della lirica da camera, di poesie per musica pensate per una delicata o comunque raccolta consumazione. Ognuno punta sulla propria specialità. Perché senza voler fornire etichette, sappiamo che il mezzosoprano Waltraud Meier - attesa per maggio - è anzitutto una wagneriana squisita, così come Sonia Ganassi - con lei si va a settembre - è una rossiniana votata. Un ciclo che squaderna repertori, colori, timbri diversi. Per cui la voce baritonale di Simon Keenlyside (febbraio) si confronterà con quella del collega Christopher Maltman (aprile), quella del soprano Angela Denoke (marzo) si confronta con quella della pucciniana Fiorenza Cedolins.
Abdrazakov porta a Milano un pezzo di Russia, con liriche di Cajkovskij e Rachmaninov. Si migra nell’Ungheria di Listz e Francia di Ravel, ma la chiusura di serata avrà un tocco folk. Il basso farà ascoltare due canzoni della propria terra, la Baschiria, si tratta di Azamat e Irandek, con accompagnamento di kurai, sorta di flauto, cioè lo strumento di punta baschiro. Un assaggio che non poteva mancare considerato che proprio in una recente intervista, Abdrazakov assicura - udite udite - di essere un discendente di Gengis Khan. Così come confessa che il ruolo di Attila, che il mese prossimo lo impegnerà al Met di New York al fianco di Riccardo Muti, lo avverte particolarmente congeniale poiché è nato non lontano da dove nacque il tremendo re degli Unni.
È pur vero, che l'Italia è una seconda terra per questo cantante. Dai lontani Urali, il fenomeno Abdrazakov esplodeva proprio in Italia. A 21 anni già aveva conquistato la fiducia dell’artista forse più potente - oggi come allora - della Russia, Valery Gergiev, lo «zar» del teatro Marinskij di San Pietroburgo. Ma era con la vittoria del Concorso «Callas» di Parma, nel 2000, che Abdrazakov conosceva il vero lancio.

In quello stesso anno, era già alla Scala con La Sonnambula, seguita da La forza del destino, Macbeth, Samson et Dalila, Iphigénie en Aulide, Fidelio. Due anni dopo si aggiudicava l'inaugurazione di stagione. Poi è stato un crescendo fatto di presenze nei teatri che contano: non ne manca uno.

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