Tre uomini affiliati all'Isis sono stati rilasciati dalle autorità sudanesi. I tre erano stati arrestati ad agosto per aver utilizzato le scuole che dirigevano, come laboratorio di proselitismo e reclutamento di combattenti da mandare nei territori del Califfato, ma dopo quattro mesi di carcere, ecco che i sostenitori dello jihadismo sono stati liberati.
Quanto avvenuto in Sudan, è un episodio estremamente grave. Anche se lo spessore dell'accaduto in apparenza passa inosservato o comunque tende a portare l'attenzione solo sulla scarcerazione, in realtà rivela una condotta da parte di Bashir, o comunque di alcune personalità del suo governo, che in qualche modo strizza l'occhio ai miliziani di Al Baghdadi.
Il Sudan da sempre è terra di radicalismo, di espansione della Sharia, di retroguardia e sottobosco di movimenti islamisti. Tra le sabbie che collegano l'Africa del nord con quella sub-sahariana il germe del fanatismo ha sempre covato. Oggi però ci sono dei segnali di allerta, che nell'attuale contingenza storica, creano timore. Una presa di controllo, totale o parziale del Sudan, da parte di gruppi legati all'Isis significherebbe innestare una detonazione di micce jihadiste. Sia verso nord, lungo le piste che conducono al Sinai, dove sono già attivi gruppi armati che praticano la jihad; ma potrebbe espandersi anche in aree più vergini, verso sud, approfittando delle instabilità regionali e della lotta dei ribelli islamici di Al Shabaab.
Quella che in apparenza può sembrare un'iperbole geopolitica in realtà trova delle conferme in quanto sta avvenendo da alcuni mesi nel paese governato dal dittatore Omar al Bashir.
Da marzo infatti sono partiti diversi foreign fighters dal Sudan verso la Siria e il caso più eclatante è stato quello dei rampolli delle buone famiglie sudanesi che frequentavano l'università privata di Khartoum e hanno deciso di partire verso l'orizzonte di onnipotenza e orrore glorificato dalla guerra santa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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