Il diabete, malattia cronica che purtroppo è in continua crescita, resta al centro dellattenzione e della ricerca scientifica. Se ne parla spesso ed ogni volta vengono proposte nuove strategie terapeutiche.
Nei giorni scorsi, a Roma, durante il congresso dedicato al diabete di tipo 2 (il 90 per cento di tutte le forme diabetiche) si è parlato di «approccio globale» alla malattia. Che cosa significa? Uno degli organizzatori, il professor Massimo Federici, spiega che questa espressione riunisce un insieme di terapie volte non solo contro liperglicemia, ma anche contro ipertensione e dislipidemie.
Insiste: «Il primo obiettivo deve essere quello di evitare le complicanze cardiovascolari, che spesso si rivelano devastanti. Per questo, bisogna subito ricorrere alla metformina. Per regolare il metabolismo dei lipidi, invece, si rivelano molto efficaci i glitazonici, in particolare il pioglitazone».
Il trial internazionale «Act now», voluto e coordinato dal professor Ralph di Fronzo, italo-texano, presente a Roma accanto al professor Renato Lauro e copresidente del congresso, ha confermato la validità di questa terapia ad ampio raggio, che non trascura le complicanze del diabete.
Ottimi risultati, infine, sono venuti sul piano della sperimentazione chimica, da una nuova classe di farmaci con azione incretinica. Sono «mirati»: agiscono direttamente sul glucagone, lormone antagonista dellinsulina. E sono molto efficaci: «Unarma in più - dice Federici -, unarma validissima».
Queste nuove strategie terapeutiche sono la risposta clinica a una malattia che oggi colpisce almeno il 10 per cento della popolazione italiana e che presto raddoppierà la sua incidenza.
Fra tante buone notizie, il congresso romano ne ha reso pubblica una allarmante: il diabete di tipo 2, che in passato colpiva soltanto soggetti di 40 o 50 anni, oggi viene diagnosticato anche in soggetti di 20 o 30 anni. Questa estensione è decisamente preoccupante. Serve quindi una diagnosi precoce, seguita da terapie appropriate. E serve combattere due grandi nemici: lobesità e la sedentarietà.
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