«Ucciso perché ha riconosciuto il rapinatore»

nostro inviato a Gorla Minore (Varese)

Arranca, Gianni, lungo la finta salita di via Monte Grappa a Gorla Minore, nel Varesotto. Terreo in volto, è dovuto scendere dalla bici e tenerla per mano. Non ce la fa. Non ce la fa a guardare pochi metri più in là dentro il gabbiotto della Shell, dove, a quest’ora, ogni giorno, spuntava la faccia sorridente dell’Angelo. Angelo Canavesi, l’amico di sempre, l’amico di mille e una gita sui pedali.
Lui che di pedali, cambi e rapporti sapeva tutto. L’hanno ucciso a sangue freddo, Angelo, 68 anni, il corridore. Angelo, la gloria di Gorla. Un agguato vigliacco, mentre stava recuperando l’incasso del distributore automatico, poco più di un migliaio di euro, raccolto nel weekend, qui, nella sua pompa di benzina che era un po’ il confessionale della gente di questi luoghi.
Un paio di battute davanti alla colonnina contalitri. Una pacca sulle spalle e via si ripartiva con il cuore più leggero. Come ti accade solo quando, a riscaldartelo, è una persona per bene.
Sono le 7,20 quando una donna (la supertestimone di quest’ennesimo, assurdo, delitto) che sta accompagnando il figlio a scuola, si ferma per far benzina. Fa in tempo ad accorgersi della presenza di un uomo che lotta con Angelo Canavesi, sente anche uno o più spari. Poi, prima che possa rendersi conto di cosa è appena accaduto, vede l’aggressore infilarsi nell’auto del titolare dell'impianto, una Ford Fiesta rossa e fuggire a gran velocità.
Pochi minuti dopo arriva sul posto Emanuele, il figlio di Angelo Canavesi. Trova il corpo del padre riverso in una pozza di sangue, ucciso con due colpi di piccolo calibro al petto. Accanto, il bussolotto con il denaro che l’aggressore ha abbandonato mentre fuggiva, spiazzato dalla reazione che avrebbe avuto la vittima e spaventato dal traffico, lungo via Monte Grappa che, oramai, come accade sempre tra le 7,30 alle 8, si stava facendo intensissimo. Non ha dubbi la moglie Angela: «Sono certa che mio marito non ha reagito. Lui era uno prudente. Lo diceva sempre a me e ai miei figli: se mai un giorno vi trovate davanti un rapinatore dategli tutti i soldi, perché, ripeteva: i soldi si rifanno, la vita no. Sa cosa le dico? Che Angelo ha riconosciuto il suo aggressore. Ne sono convinta. Ecco perché quello gli ha sparato. E sono anche certa che era uno, magari un balordo, un drogatello, ma che conosceva le sue abitudini. Che sapeva persino che lui lasciava le chiavi dell’auto nel cruscotto, ecco perché è saltato dentro la Fiesta sicuro di poter fuggire. Angelo l'ha riconosciuto e quello lo ha ammazzato». Nell’impianto nessuna videocamera di sorveglianza ma ce ne sono lungo la strada che ha percorso l’assassino. Angelo Canavesi, due figli, abitava poco distante, al civico 69 di via Roma, una palazzina marrone a cento metri dalla caserma dei carabinieri. Che ora setacciano tutti gli ambienti malavitosi del Varesotto e dell'Alto Milanese. Qualcuno, forse un altro paio di persone, potrebbero avere aiutato l'assassino ad architettare il suo piano e avergli dato una mano a dileguarsi. Mentre la Fiesta della vittima è stata ritrovata poco distante, a Olgiate Olona.
Con la bicicletta e anche la montagna nel cuore, figlio di Severino, campione degli Anni Quaranta, che correva con Coppi e Bartali, vincitore di una Coppa Bernocchi e di un campionato italiano di ciclocross, Angelo Canavesi, gestore per 35 anni della pompa Shell, in località Prospiano, su questa strada che conduce a Marnate, l'aveva passata al figlio Emanuele, ma non riusciva a starsene con le mani in mano, così ogni mattina si presentava di buon'ora ad aprire l'impianto. «Siamo sempre stati una famiglia molto unita, il 17 febbraio - ricorda la moglie - avevamo festeggiato i nostri 31 anni di matrimonio con una gioia in più: l'arrivo del primo nipotino, Alessandro che aveva cambiato la vita di mio marito. Non vedeva l'ora che crescesse per mettere sulla bici anche lui. Come tutti i Canavesi. Spero che quando lo prenderanno non me lo facciano vedere quel delinquente che lo ha ammazzato. E spero anche che facciano giustizia. Anche se la povera gente, la gente semplice che lavora onestamente è sempre l'ultima ad avere giustizia».
Tutti, in questo paese sconvolto di settemila abitanti, lo ricordano buono e allegro, uno che scherzava sempre e lavorava duro: «Chi vuoi che non conosca Angelo qui - dice Alfredo un coetanaeo in attesa con altri di entrare nell'ambulatorio di via Roma del dottor Dodaro - fa rabbia vedere morire così una persona come lui».

Le stesse parole di cordoglio e commozione del sindaco di Gorla Minore, Giuseppe Migliarino, che annuncia il lutto cittadino per il giorno dei funerali: «Angelo era una persona stupenda. Perché l'hanno ucciso? Qui non è mai capitato niente di simile. A cosa è servita questa violenza?».

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