Unipol, Consorte condannato ma scatta lo scudo dell’indulto

Nell’indagine sulla scalata, i tre erano accusati di «insider trading»

Stefano Zurlo

da Milano

È la prima condanna per i «furbetti del quartierino». Una sentenza che vale più sul piano del principio che in concreto, come dimostrano i numeri: 6 mesi di carcere, neutralizzati dal paracadute della condizionale e dall’indulto, e 100mila euro di multa per gli ex signori di Unipol Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti e per il finanziere bresciano Chicco Gnutti. In questo filone, il trio era accusato di insider trading, poca cosa rispetto alle contestazioni avanzate per le tentate scalate bancarie dell’estate 2005. In buona sostanza l’ex presidente di Unipol e il suo vice avrebbero sfruttato a proprio vantaggio proprio una notizia uscita dagli uffici del colosso assicurativo bolognese: Unipol si apprestava a rimborsare in anticipo, nel 2002 e non nel biennio 2005-2006, due prestiti obbligazionari. A quel punto la coppia di vertice avrebbe comprato direttamente e fatto acquistare a terzi, fra cui Gnutti, bond per un valore di 100 milioni di euro. Dunque, si sarebbe trattato di un rastrellamento di titoli a colpo sicuro.
Gli imputati hanno sempre respinto la costruzione della Procura di Milano. Ora, davanti al verdetto del giudice monocratico Elisabetta Meyer, si dicono amareggiati e increduli. «Ribadiamo con fermezza l’insussistenza del reato - affermano Consorte e Sacchetti - sottolineando quanto d’altra parte il dibattimento ha già confermato e cioè che abbiamo operato nella nostra qualità di presidente e vicepresidente di Unipol nell’esclusivo interesse della stessa e non del nostro personale. Da tali presupposti ci attendevamo la coerente conseguenza della piena assoluzione. Non è stato così. Ma è solo il primo grado».
Sul registro dell’ironia il commento di Giuseppe Frigo, legale di Gnutti: «La nostra sfortuna è stata quella di non essere intercettati perchè all’epoca dei fatti la norma non lo prevedeva per l’insider trading. Ci avessero ascoltato, non sarebbero arrivati a nulla perchè non c’era nulla da scoprire. Ci hanno condannati perchè l’aria non era buona e per certi tipi di reati ci si basa più sulle congetture che sulle prove».Per ora, però, trova conferma la tesi della procura che aveva definito Consorte e Sacchetti «il gatto e la volpe». Il Pm Eugenio Fusco aveva chiesto 6 mesi e 300mila euro di multa, il giudice ha accolto in buona parte il pacchetto. Ed è andato oltre per quel che riguarda il risarcimento destinato alla Consob: Fusco si era fermato a quota 17.600 euro a testa, il giudice ha condannato i tre a versare 92mila euro. Un record, perchè in passato solo una volta, e sempre a Milano, un imputato era stato condannato a risarcire la Consob: Andrea Crovetto aveva pagato 30mila euro. Una cifra più bassa. «La sentenza - spiega l’avvocato Emanuela Di Lazzaro - è un riconoscimento al ruolo della Consob come organo di vigilanza e di tutela del mercato».


Il terzetto resta intanto, a vario titolo, sotto i riflettori delle Procure di Milano e Roma che indagano sulle fallite scalate dei «furbetti del quartierino»: in particolare il duo Consorte Sacchetti è nel mirino dei Pm di Roma per il fallito assalto di Unipol a Bnl, Gnutti faceva coppia fissa con il banchiere di Lodi Gianpiero Fiorani nella guerra per il controllo di Antonveneta. Sul fronte politico, invece, il leghista Roberto Castelli ironizza: «Ora sappiamo che dietro l’indulto era mascherata l’amnistia per i furbetti del quartierino...»

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