Unità d'Italia, Bossi in piedi per l'Inno di Mameli Ma il Carroccio compatto diserta le celebrazioni

La Lega si sdoppia: assente nelle Regioni, presente nei banchi di governo. Ma i deputati e i senatori restano fuori dall'aula. Il Senatùr scherza: "Coccarde tricolori? A Natale". Show di Salvini a Milano

Unità d'Italia, Bossi in piedi per l'Inno di Mameli 
Ma il Carroccio compatto diserta le celebrazioni

Roma - Una giornata difficile per la Lega di governo. Quel che si può fare e dire nelle feste su al nord, davanti al popolo che detesta i riti di Roma ladrona, o anche nei consigli comunali e regionali, alla Camera (davanti al capo dello Stato) rischia di diventare un autogol.
Quindi un colpo al cerchio e uno alla botte. I ministri presenti (sfuggente Calderoli, in jeans e camicia verde), insieme ai sottosegretari, ma i deputati (tranne due) assenti. Come dire: siamo uomini di governo e rispettiamo Napolitano, quindi eccoci qui. Ma siamo anche padani, federalisti anti-unitari, quindi non possiamo esserci. Bossi si prende la responsabilità di rappresentare la Lega di governo, e con un «io ci sono» prova a mediare tra il contegno istituzionale dovuto alla giornata (e soprattutto agli alleati) e anima indipendentista. Non è semplice, però non si può rischiare di buttare all’aria il lavoro di mesi se non anni. Anche il rapporto con il Quirinale è considerato dalla Lega un asset strategico per il cammino del federalismo. Perciò Bossi si sacrifica alzandosi in piedi per l’inno di Mameli, batte i pugni sul tavolo (segno che apprezza) per il discorso di Giorgio Napolitano, un presidente che è «una garanzia».

Un colpo al cerchio italiano, ma l’altro alla botte leghista. Bossi l’inno l’ha ascoltato, sì, ma non lo ha cantato e anzi ha provato a chiacchierare con Tremonti durante l’esecuzione, mentre al bavero portava il trifoglio irlandese simbolo di San Patrizio e sulle coccarde tricolori ironizzava: «Quelle si usano a Natale...».

Per il resto le dichiarazioni dei capi leghisti sono ridotte al minimo. Bossi si limita a qualche battuta e agli apprezzamenti a Napolitano. Calderoli invece fa «scena muta» davanti ai cronisti, non potendo dire quel che pensa sulla festa per i 150 anni. I vertici del Carroccio sanno che il patriottismo italiano è il tallone d’Achille dell’asse Pdl-Lega. Meglio non provocare frizioni, meglio mantenere un basso profilo (a parte Borghezio, «l’inno d’Italia è tristarello», «saremo ottimi vicini»), esserci e non esserci, almeno a Roma. «Bobo» Maroni si posiziona su quella linea, anche perché da ministro dell’Interno è ancora più sotto osservazione nemica. E infatti dice di aver «molto apprezzato il discorso di Napolitano», soprattutto - e qui Maroni parla ai commilitoni leghisti - nel «riferimento alle spinte federaliste che hanno caratterizzato» le battaglie risorgimentali. «Di particolare rilievo anche la sottolineatura che il presidente ha fatto dell’importanza che hanno le autonomie locali nel sistema istituzionale italiano e il principio di sussidiarietà che deve ispirare ogni riforma in senso federalista». Gli unici due deputati «semplici» in aula invece sono Sebastiano Fogliato e Stefano Allasia, che scherza: «Sono stato scelto perché sono piemontese... Perché è in Piemonte che è nata l’unificazione dell’Italia».

Le «diserzioni» (ma per la Lega sono atti di fedeltà patriottica alla Padania) sono poi anche in quasi tutti i comuni e province dove erano previste le celebrazioni per l’unità italiana. Dal Veneto al Piemonte all’Emilia Romagna alla Lombardia, gli uomini del Carroccio hanno avuto altro da fare ieri. In Trentino i parlamentari e i consiglieri regionali della Lega si sono ritrovati oggi sulle spiagge del lago di Caldonazzo per ripulirle. Impegnati «sul territorio» anche i tre parlamentari del Friuli Venezia Giulia (tra cui Massimiliano Fedriga, candidato a Trieste), mentre per i sindaci veneti della Lega è stata una normale giornata di lavoro.

Più chiassosa la giornata leghista a Milano, dove Matteo Salvini ha organizzato un banchetto informativo in galleria Vittorio Emanuele, con cartoline e bandiere milanesi, ma è stato contestato da un gruppetto che «con volantini e fischietti ha cominciato ad insultarci», ha raccontato Salvini. «Era una contestazione organizzata, trenta incivili hanno preferito minacciarci piuttosto che confrontarsi con noi».

A Varese, nella sede della Lega, qualche burlone anti-leghista ha appeso una bandiera tricolore, rapidamente rimossa, mentre a Pontida i pidiellini hanno steso una bandiera italiana sul «sacro prato» leghista. La «festa», finalmente, è finita. La polemica continua.

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