Valzer a Vienna, opera a Venezia All’Austria la sfida di Capodanno

VeneziaQuando due mondi della stessa galassia, la musica classica, mostrano al meglio tutte le loro differenze? Quando li si può osservare in rapida sequenza, grazie alla tv. Come con il concerto di Capodanno della Fenice di Venezia (su Raiuno) e quello dei Wiener Philharmoniker (su Raidue). Il secondo è l’evento top della musica classica. Inossidabile e sempre più globale: quest’anno è stato diffuso in 72 Paesi. Alla consolidata lista, si sono infatti aggiunti Mozambico, Mongolia, Sri Lanka e Trinidad. E lo hanno seguito cinquanta milioni di telespettatori. È il concerto di Capodanno per definizione, quello nella sala d’oro - di nome e di fatto - degli Amici della musica di Vienna. Il primo è la risposta che l’Italia contrappone all’Austria dal 2004. L’oliata macchina viennese fa scorrere fiumi di polke, valzer, frammenti da operette degli Strauss che rischiarano gli occhi fondi come quelli dei dannati della Cappella Sistina di telespettatori reduci dai bagordi del cenone. A Venezia, invece, dopo la Settima Sinfonia di Dvorak, vien servito una gustosa miscellanea di hit operistiche. Insomma, la musica più adatta al clima di festa contro quella più meditativa, ottima ma buona per tutte le occasioni.
Puristi La macedonia veneziana era quest’anno insaporita da una bacchetta di lusso come quella di Sir John Eliot Gardiner. Un direttore-mago del Barocco, un repertorio ispezionato palmo a palmo. Una figura di spicco, però fra le bacchette filologiche, quelle fedeli ai testi e suoni d’un tempo, per intenderci. Così, lo si attendeva al varco con la seconda parte del concerto. Quella avviata dalla Sinfonia dal Signor Bruschino di Rossini. Chissà quel briccone d’un Rossini, che infila provocazioni sonore e ritmiche, macchiette teatrali e frasi argute, come avrebbe commentato la lettura impeccabilmente british di Gardiner. Il concerto ha insomma preso il volo con l’entrata in scena del tenore Francesco Meli, bello squillo e spesso il fraseggio. E soprattutto del soprano Anna Caterina Antonacci: chapeau. La Antonacci fa due note e subito ti far venir voglia di prendere l’aereo e seguirla sui palcoscenici esteri, considerato che qui in Italia non canta granché. Perché? Colore della voce, fraseggio squisito, espressività del viso, c’è tutto nei frammenti di Carmen proposti. Una Carmen sensuale, un po’ maledetta per l’appetito di libertà e di vita che la Antonacci esprime con un’immedesimazione da vera attrice-cantante. Un’Habanera memorabile la sua. Gardiner attacca Les tringles des sistres tintaient (Carmen) con lentezza sorniona, ribadendo la recente lettura che ne ha dato all’Opera Comique di Parigi. La Antonacci via via dà fuoco alle parole che vorticano sempre più veloci, indiavolate. Lezione di stile anche nella Canzone del velo dal Don Carlo.
Passerella Il Capodanno austriaco ribadisce l’arte squisita dei Wiener, con programmi dove brani celeberrimi sono accostati a pagine sconosciute. C’è poi la passerella di bacchette che fanno la storia della direzione, il caso, quest’anno, di Georges Prêtre, 85 anni, nell’élite dei direttori del Neujahrskonzert. Procede a briglia sciolte, aereo e lieve, il Perpetuum mobile, op.257 di Johan Strauss figlio, con uno squisito lavorio di parti interne fra vortici e spirali che i Wiener sanno disegnare ad arte. Le classiche parole pregnanti dette con souplesse. Si gustano l’effervescenza di un Galopp di Johann Strauss seguito a breve distanza da quello di Lumbye. Nella Champagner Polka di Johann Strauss figlio è un continuo contrarre e allargare il tempo, un insinuare galante e sottile. A contrasto, vi sono le Polke veloci, ruspanti e goliardiche con i violoncelli divertiti fra percussioni vive e mai debordanti. È un delicato cristallo, la Frauenherz di Joseph Strauss, con il suo girare in tondo alla Schubert e una spruzzata di malinconia presto esorcizzata... È la nostalgia slava che tinge anche l’ouverture Il Pipistrello, in testa al concerto, piacevolmente ammiccante. Gli inserti danzerecci parlano italiano, con la nostra Eleonora Abbagnato che balla coreografata da Renato Zanella. E poi c’è il tocco glamour dei costumi disegnati da Valentino. Insomma, tradizione ma anche innovazione. Se si trova il giusto equilibrio, come in questo caso, la formula è vincente.
Immancabili A Venezia, la carrellata di pezzi di Verdi culmina nel Va’ pensiero, il pezzo istituzionale del concerto dalla Fenice. Vienna risponde con il valzer dei valzer, Sul bel Danubio blu. Poiché siamo in terra tedesca, la marcia è d’obbligo. Quale? Ovviamente la Radetzky-Marsch, accompagnata da un furor di battimani a scandire il tempo terreno in due. Cioè non quello in tre di un valzer scacciapensieri, tutto volteggi, come il Libiam ne' lieti calici festaiolo con cui, invece, si congeda l’italico concerto di capodanno.
Acqua alta Tre quarti d’ora dall’inizio del concerto con cui la Serenissima bagna il nuovo anno, a Venezia c’è il picco massimo di marea. Ma la Fenice ha già diramato le informazioni sul percorso asciutto per raggiungere il teatro. Che non conterà una poltrona vuota.

In prima linea, siede il sindaco Massimo Cacciari, mentre il presidente Giorgio Napolitano si scusa per l’assenza inviando un messaggio di apprezzamento per il contributo di quanti operano nelle fondazioni lirico-sinfoniche. Sarà pur Capodanno, però l’aria è greve qui a Venezia dove orchestrali e coristi della Fenice mostrano al petto coccarde tricolori per rimarcare il disappunto per i tagli operati dallo Stato nel settore della cultura.

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