«Vanacore è morto annegato» La pista: è stato spinto a uccidersi

TarantoGli ultimi dubbi sul giallo di via Poma si rincorrono lungo un litorale spazzato dalle bordate del vento, che agita il mare forza cinque e scaraventa enormi cavalloni contro gli scogli: in questo angolo di Puglia due giorni fa ha deciso di togliersi la vita Pietro Vanacore, ma i messaggi di addio lasciati dall’ex portiere del palazzo di Roma dove il 7 agosto del ’90 fu uccisa Simonetta Cesaroni, non hanno cancellato i lati oscuri. Anzi è stata disposta una perizia grafologica per stabilire se sia proprio suo quell’ultimo biglietto. E la procura di Taranto ha aperto un’inchiesta per istigazione e induzione al suicidio. Il magistrato inquirente, il sostituto procuratore Maurizio Carbone, ha disposto l’autopsia, che è stata eseguita ieri: Vanacore era ancora vivo quando è caduto in acqua, è morto poco dopo per annegamento; inoltre, nello stomaco non sono state rilevate tracce evidenti del diserbante trovato in una bottiglia rimasta nella sua macchina: insomma, non è certo che lo abbia ingerito per avvelenarsi o per utilizzarlo come narcotizzante.
Il cadavere affiorato dai fondali profondi neanche un metro e mezzo è l’ennesimo tragico capitolo di un giallo infinito. E nuovi interrogativi si incrociano tra Roma e questa striscia di costa che porta il nome di Torre Ovo, frazione di Torricella, una quarantina di chilometri da Taranto e poco distante da Monacizzo dove Vanacore, pugliese di Sava, aveva scelto di tornare a vivere dopo essere stato arrestato per il delitto Cesaroni e poi definitivamente scagionato. Domani sarebbe dovuto tornare in aula, a Roma, per deporre come testimone nel processo contro Raniero Busco, l’ex fidanzato di Simonetta accusato di averla assassinata.
I carabinieri seguono la pista del suicidio, ma non tralasciano alcun particolare: restano infatti i dubbi sulla dinamica e sulle ultime ore di vita dell’ex portiere, il quale prima di scegliere la morte lungo quel litorale, dove ogni tanto si concedeva qualche passeggiata, avrebbe deciso di fermarsi in un panificio per acquistare un filoncino di pane e di fare una sosta in un bar per prendere un caffè. «Sembrava tranquillo», dicono i testimoni. Inoltre, suscitano perplessità le modalità del suicidio: Vanacore si sarebbe legato una caviglia con una fune fissata a un albero e poi si sarebbe lasciato andare in mare, ma in un tratto in cui l’acqua è particolarmente bassa; prima, però, ha lasciato con un pennarello nero i messaggi di addio sul parabrezza e sul lunotto posteriore dell’auto: «Venti anni perseguitati senza nessuna colpa», c’è scritto su uno di quei biglietti. Il biglietto su cui la perizia grafologica dovrà fare luce.


Ieri i carabinieri hanno interrogato due amici e la moglie di Vanacore, Giuseppa De Luca. La donna ha dichiarato che il marito era amareggiato per i continui sospetti, ma non aveva mai manifestato l’intenzione di togliersi la vita.

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