L’Italia nel mirino dell’ultima «impresa» di Julian Assange, il pirotecnico (e di fatto latitante, visto che è inseguito da un mandato di arresto internazionale emesso in Svezia per un’accusa di violenza sessuale) creatore del sito Wikileaks specializzato in diffusione abusiva di documenti riservati recuperati con tecniche di hackeraggio. Il dipartimento di Stato americano ha avvertito ieri numerosi Paesi alleati, tra cui il nostro, che è imminente la pubblicazione su Wikileaks di milioni di e-mail di contenuto diplomatico inviate a Washington dalle ambasciate statunitensi ai quattro angoli del globo. Il rischio contro cui Washington mette in guardia anche l’Italia è che alcuni di questi messaggi contengano riferimenti ad aspetti delle relazioni bilaterali che erano stati mantenuti segreti perché delicati o controversi: diventando pubblici, potrebbero danneggiarle.
Il nostro ministero degli Esteri ha confermato di essere stato informato da Washington. In attesa di conoscere il reale contenuto di questi documenti, il portavoce del ministro Frattini ha voluto precisare che «la solidità dei rapporti con gli Stati Uniti» rimane «basata su una collaborazione» che riguarda «interessi e valori condivisi». Una visione sottoscritta anche dal ministro della Difesa La Russa, secondo il quale «qualsiasi cosa venga fuori, non sarà certo un documento di Wikileaks a interrompere o anche solo a peggiorare il consolidato rapporto con gli Stati Uniti».
Frattini ha poi spiegato che i documenti che riguardano l’Italia saranno «di scenario», il che dovrebbe significare che non ci si attendono colpi di scena particolari. Ma anche solo la diffusione di giudizi su partiti o singoli esponenti politici italiani potrebbe creare seri imbarazzi. Il periodo di trasmissione dei documenti, riporta la Cnn, dovrebbe essere il 2006-2009, quando in Italia furono al governo prima il centrosinistra guidato da Romano Prodi e poi il centrodestra di Silvio Berlusconi. Rimane il fatto che l’irresponsabile iniziativa di Wikileaks, anche se diretta contro bersagli in tutto il mondo, sembra iscriversi in un più generale disegno di denigrazione dell’immagine internazionale del nostro Paese. A tale proposito Frattini ha voluto precisare che a suo avviso «non c’è un complotto contro l’Italia, non c’è un unico burattinaio, ma elementi molto preoccupanti che sono una combinazione di informazioni inesatte e di enfatizzazione mediatica di fattori negativi per l’Italia».
Al di là di quel che riguarda specificamente l’Italia, in queste ore al dipartimento di Stato a Washington si sta controllando febbrilmente una mole enorme di e-mail, ossia tutte quelle spedite al ministero nel triennio già citato dalle 287 ambasciate e consolati Usa sparsi nel mondo. Questo per cercare di individuare in anticipo i documenti più sensibili, quelli che potrebbero creare imbarazzi o perfino tensioni tra gli Stati Uniti e altri Paesi. Il governo americano, oltre all’Italia, ha già avvisato tra gli altri del problema Wikileaks la Gran Bretagna, l’Australia, il Canada, la Turchia, la Norvegia ma soprattutto la Russia e Israele. È con questi due Paesi in particolare che la Casa Bianca teme di poter avere delle difficoltà. I documenti finora tenuti segreti (tra i quali figurano conversazioni riservate con funzionari e politici locali) conterrebbero infatti elementi imbarazzanti per Mosca, tali da suscitare risentimenti personali e da danneggiare il delicato lavoro di costruzione di produttive relazioni diplomatiche.
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