Veline e veleni della Chiesa pronta a fondersi col buddismo

G li anni seguenti il Concilio Vaticano II furono tutt’altro che spensierati per il mondo cattolico. Come è noto, non tutti accettarono a cuor leggero le innovazioni e le forzature, soprattutto in campo liturgico. La sostituzione del latino secolare e universale con i volgari locali lasciò perplessi non solo molti semplici credenti ma anche un buon numero di intellettuali, non sospetti di simpatie per il vescovo Lefebvre, anzi nemmeno necessariamente cattolici. Nel 1971 la petizione indirizzata alla Santa Sede per la sopravvivenza del rito tridentino in Gran Bretagna venne firmata da molti esponenti del mondo della cultura tra cui Cristina Campo, Agatha Christie, Giorgio Bassani, Augusto Del Noce, Eugenio Montale, Guido Piovene, Jorge Luis Borges, Henri de Montherlant, Graham Greene. L’anno dopo Paolo VI si vide costretto a dichiarare: «Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. È venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio, di ricerca, di incertezza». Peggio ancora, «il fumo di Satana» era entrato da qualche fessura «nel tempio di Dio». Certo, la tragicità di quel discorso non può essere confinata nel caos postconciliare, però ci dice molto sul clima di quegli anni.
A proposito, proprio nel 1972 lo scrittore irlandese, naturalizzato canadese, Brian Moore diede alle stampe un breve romanzo, intitolato Cattolici (Lindau, pag. 95, euro 12, traduzione di Pier Maria Allolio). Lo ambientò in futuro non troppo lontano ma abbastanza progredito da aver partorito un Concilio Vaticano IV. Protagonista è un giovane sacerdote, tanto imbevuto di «teologia delle liberazione» da aver preso i voti solo per fare il rivoluzionario. Gli viene offerta una buona occasione, lo spediscono in missione su una piccola isola al largo delle coste irlandesi. Laggiù un gruppo di monaci si ostina a non recepire le novità: celebra ancora in latino, attirando folle di pellegrini reazionari da tutta Europa, pratica l’antica usanza della confessione individuale, ormai da rimpiazzare con la più democratica confessione pubblica. E poi «la schiena ai fedeli, i paramenti sacri, l’Introibo ad altare Dei. E le campane! Il Sanctus!». Cose veramente troppo medioevali e imbarazzanti per una Chiesa ormai informale e secolarizzata, per giunta prossima alla fusione col buddismo. Riuscirà il prete rivoluzionario ad aggiornare i vecchi monaci per nulla entusiasti della nuova messa («non è mistero, ma una barzelletta, una cantilena, non parla a Dio, parla al nostro vicino»)? Gli sarà d’aiuto il priore che da tempo ha perso la fede senza farlo trasparire ai confratelli? La suspense è garantita, Moore (che parteggia smaccatamente per i monaci resistenti) sceneggiò per Hitchcock.

Il romanzo piacerà ai cattolici tradizionalisti, a chi ha salutato con soddisfazione la scelta di Benedetto XVI di permettere nuovamente il rito antico e soprattutto a chi teme il Concilio Vaticano III invocato dai progressisti.

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