Tra vigilia e Natale finisce pari

Albero o presepe, Babbo Natale o Befana, sacro o profano. Tra i dilemmi del Natale anche quello che vede schierati i sostenitori del cenone della vigilia, a base di pesce, contro quelli che preferiscono il più sostanzioso pranzo del 25. Abbiamo chiesto ad alcuni chef capitolini le loro preferenze. Il risultato, a sorpresa, è un pareggio.
Il maestro Heinz Beck, re del ristorante La Pergola (hotel Rome Cavalieri; via Cadlolo 101; 0335091) per abitudini familiari predilige la cena della vigilia. Come piatto-simbolo, propone Spaghetti cacio e pepe con gamberetti bianchi marinati al lime: «La cacio e pepe è tipica romana ma l’abbinamento coi gamberi smorza il sapore forte e piccante del pecorino. Così una ricetta semplice diventa un capolavoro. Ma attenzione: quando si usano pochi ingredienti basta che uno sia sbagliato per compromettere il risultato». A rilanciare il pranzo del 25 è Simone Panella, chef dell’Antica Pesa (via Garibaldi 18; 065809236). «Da piccolo, la famiglia si riuniva il 24 perché il ristorante era chiuso - racconta - ma il pranzo di Natale è più stimolante dal punto di vista professionale: si va dai tradizionali Cappelletti in brodo all’agnello al forno, da abbinare magari a una salsa di mirtilli o a una crema di pere con pinoli e uvetta. Il segreto per fare un ottimo brodo chiarificato di cappone è amalgamare della carne macinata con chiara d’uovo a farne una polpetta da sobbollire nel brodo, dopo la prima cottura. In questo modo si recuperano le proteine evaporate e il brodo risulta più gustoso e salutare, senza contare che l’albume lo rende limpido».
Cena della vigilia per Vincenzo Di Tuoro, chef del Palazzetto (vicolo del Bottino 8; 0669202055): «Ricordo, quando da bambino, andavo a comprare il pesce al mercato con mio padre. Era un rito. In un connubio tra antipasto e primo, che sposa diverse consuetudini napoletane, proporrei un Tortellino ripieno di mousse di scorfano servito in guazzetto di vongole. Un tocco d’artista si può dare realizzando un sugo con i residui del pesce, gambi di basilico, passata di pomodoro, vino bianco secco e sale da servire con crostini di pane bianco tostati in padella». «Per me è il pranzo del 25 il classico momento da passare con la famiglia in casa o al ristorante - dice Danilo Ciavattini, chef della Spiga (Grand Palace hotel, via Veneto 70; 06482211) -. Un piatto tipico cui sono affezionato è la Stracciatella. La rivisito con un tuorlo d’uovo coagulato al forno, in cui è stata siringata della fonduta di parmigiano, servito in cucchiaino giapponese con polvere di arancia e, per renderlo più saporito, tartufo nero di Norcia, da accompagnare con brodo di cappone». Nei secondi di pesce a farla da padrone è il capitone. «La sera del 24 si respira un’atmosfera più natalizia - per Adriano Cavagnini, chef della Terrazza dell’hotel Eden (via Ludovisi 49; 0647812752) -. Il capitone, tipico della mia zona, il lago di Garda, è ottimo in carpione, ossia fritto a pezzi e marinato per 24 ore in una base composta da aceto, vino bianco, bacche e sapori, da servire con insalata di funghi marinati e riso selvaggio. Se i funghi sono porcini vanno leggermente spadellati e marinati in olio con aceto e prezzemolo per un giorno». Capitone ma di tradizione napoletana pure per Francesco Apreda, chef di Imàgo (hotel Hassler; piazza Trinità dei Monti 6; 0669934726): «Preferisco la vigilia perché amo cucinare il pesce. Il capitone fritto, poi, per me è il simbolo del Natale. Ricordo le grandi vasche al mercato, la famiglia che aiutava a pulirlo e mia madre che lo cucinava. Lo lego sempre all’insalata di rinforzo con scarola, cavolfiori, olive, verdure sottaceto, peperoncini tondi imbottiti con le alici. Ora lo proporrei in piatto unico, usando una crema di cavolfiore con un pizzico di aceto balsamico, su cui porre pezzi di capitone fritto. Il segreto è la frittura, che deve essere lunga, almeno 5/6 minuti in olio a 160°».
La fantasia si sbizzarrisce sui secondi per il pranzo del 25. Lo preferisce Paolo Cacciani, chef di Cacciani (via Diaz 13; Frascati; 069401991), «perché la cucina è più entusiasmante» e propone una tasca di tacchino. «Il tacchino si usa poco nel Lazio - spiega - perché ritenuta carne insipida e difficile. Il coscio, però, è di carne rossa, perfetto da disossare e fare arrosto. Per il ripieno suggerirei una spennellata di miele di castagne, castagne bollite sbriciolate, senape in grani, fegatini di tacchino squagliati e spennellati, sale grosso e pepe, poi dell’alloro. Cucito con lo spago a chiudere la tasca, si accompagna con contorno di patate e castagne. Il sugo di cottura si può ripassare in terrina con burro, farina e vino». «Per tradizione familiare, per me, il momento più importante è il pranzo del 25 - racconta Cristina Bowerman, chef di Glass (vicolo del Cinque 14; 0658335903) -. A Natale pranzerò con la mia famiglia, con un’oca ripiena di prugne e sottili strati di mascarpone. Le prugne secche vanno tagliate a pezzettini, salate e pepate e stese in uno strato uniforme. Il vero trucco è non avere paura di seccare la carne, ma cuocerla per 30/35 minuti a 200°». Anche Tommasi Grossi, chef dell’enoteca Palatium (via Frattina 94; 0669202132), predilige il pranzo al cenone, perché «è la vera esplosione della festa». La sua ricetta è tipicamente laziale ma rivisitata: «L’abbacchio ripassato in tegame con uova sbattute, limone e prezzemolo, lavorandolo rapidamente come fosse una carbonara». A riequilibrare le sorti del cenone, pensa, per paradosso, il dolce.

È una ricetta ispirata alla vigilia, quella di Marion Lichtle, chef pasticciera del Pagliaccio (via dei Banchi Vecchi 130; 0668809595): pera speziata al cartoccio, crêpes croccante e gelato allo yogurt fatto in casa. «La frutta invernale al forno - ricorda - era un dolce semplice preparato da mia madre ed era tipico del 24. Il segreto è cuocere le pere lentamente, cospargendole con la salsa di cottura per una doratura perfetta».

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