Lavevano trovata quattro notti fa per strada, allangolo tra via Antonini e via Verro, in zona Ripamonti. Una scena pietosa: seminuda, scalza, il corpo martoriato da lividi e contusioni, i calzoni arrotolati a qualche metro di distanza, senza documenti. Era talmente frastornata e fuori di sé da non ricordare nemmeno il proprio nome. E gli investigatori della squadra mobile hanno dovuto attendere oltre dodici ore (il tempo che ha passato alla clinica Mangiagalli, Servizio violenze sessuali) per poterle parlare, per farle ricordare qualcosa di quanto le era accaduto, di chi laveva ridotta in quello stato. Così solo ieri è scattato il fermo per violenza sessuale e rapina contro un imprenditore ecuadoriano di 37 anni, Wladimir Walter Quizoz Elizalde. Luomo, vecchio amico della 28enne Maria (il nome è di fantasia) - unuruguayana di padre greco che lavora a Milano in un bar - avrebbe approfittato di lei dopo averle fatto passare una serata in giro per locali a bere. La donna, quando Elizalde lha assalita in auto, non se laspettava e si è difesa strenuamente; a quel punto il sudamericano non è andato molto per il sottile e poiché lamica non ci stava lha conciata per le feste. Non prima naturalmente di aver approfittato di lei e di averle rapinato la borsetta. Quindi lha scaricata dalla sua Volkswagen Tuareg come un rifiuto, per strada e si è volatilizzato nella notte incurante della sorte della poveretta. Erano le 3 di notte.
«Molti anni fa, quando ci siamo conosciuti, avevamo avuto una relazione, poi terminata - ha ammesso Maria parlando con la polizia -. Certo non immaginavo che accettando di uscire con Wladimir, che consideravo un amico, sarei stata in pericolo».
Wladimir Elizalde, invece, è recidivo. Nel suo appartamento di via Bassini (zona Città Studi) gli investigatori hanno rinvenuto un permesso di soggiorno scaduto nel gennaio di questanno e in fase di rinnovo (e che si spera nessuno gli rinnoverà più, insieme a qualche dose di cocaina. Poi hanno trovato lui, nascostosi sotto il letto per sfuggire alle manette. Nove anni fa, quando i poliziotti lo cercavano perché, dopo aver mostrato un appartamento da affittare a una connazionale a Sesto San Giovanni, aveva tentato di approfittare di lei e poi laveva massacrata di botte, il sudamericano aveva cercato di scampare larresto (la donna laveva denunciato, ndr) rifugiandosi in un armadio. Operazione, naturalmente, fallita anche allora.
«Lo abbiamo interrogato e inizialmente ha negato il proprio coinvolgimento nel fatto di via Antonini, quindi ha fatto qualche ammissione» ha spiegato ieri il dirigente della squadra mobile Francesco Messina che sta lavorando con i suoi investigatori e con la Procura per mandare definitivamente lecuadoriano dietro le sbarre. E Messina ci ha tenuto a ribadire quanto detto qualche tempo fa in merito al bambino stuprato da un giardiniere di una comunità, in provincia di Pavia.
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