"Vogliamo sapere tutto" (anche sulla sinistra...)

Repubblica lancia la campagna "No al bavaglio". Ma se non bastano queste intercettazioni, è ora di conoscere anche i segreti della sinistra: se qualche deputato dà del "poco intelligente" a Bersani o se fa apprezzamenti volgari sulle donne

"Vogliamo sapere tutto"  
(anche sulla sinistra...)

Ma sì, questa volta siamo d’accordo con Repubblica: vogliamo sapere tutto. Proprio tutto però e che sia tutto davvero: vogliamo sapere qual è la senatrice che al telefono dice che «Bersani è poco intelligente», vogliamo sapere quale dirigente del Pd viene definita «mignotta come poche», vogliamo sapere se c’è qualcuno che alla Camera, magari in un momento di rabbia, possa aver definito il capogruppo «un imbecille». E poi vogliamo sapere se Dario Franceschini ha un’amante, se qualcuno vuole sposare D’Alema, magari con una cerimonia nuziale in barca a vela; quanti hanno riso degli strafalcioni di Di Pietro («Quello è ancora convinto che la protesta di allarga a macchia d’occhio e nel panettone c’è l’uva passera»). Quanti hanno sparato a zero su Vendola («Nichi, ma che stai a dì?»), quanti vorrebbero strappargli l’orecchino a morsi o fargli ingoiare le sue poesie («Riesce a digerirle solo lui»). E se qualcuno, per caso, commentando l’ultima polemica romana, si sia lasciato scappare un apprezzamento persino su Rosy Bindi: «E certo che non possiamo mica mettere le sue gambe sui manifesti del Pd...».
Vogliamo sapere. Ha ragione Repubblica: basta con i bavagli. Più intercettazioni per tutti. Ma in regime di par condicio, però. C’è un malato di cancro simpatizzante Pd che si confida al telefono con un amico onorevole? Vogliamo sapere. C’è un multimiliardario che dal suo yacht dà giudizi pesanti sulla politica? Vogliamo sapere. Prendete De Benedetti: quando va in crociera sul suo sloop 32 metri firmato Gae Aulenti, non si prenderà forse la briga di spettegolare un po’ su direttori di giornali e sulle loro relazioni politico-amorose? Ecco, noi vogliamo sapere tutto. Ezio Mauro, secondo l’Ingegnere, è «spietato» come la Santanchè secondo Briatore? Di meno? Di più? E se il sottosegretario «non te lo levi di torno», il direttore di Repubblica invece si può levare di torno facilmente? E va bene: lui non sarà mai andato al Twiga. Ma a Fregene? A Capalbio a giocare a racchettoni con Umberto Eco? O a Varigotti come Michelle Hunziker e Marco Travaglio? E che cosa dirà ai suoi amici politici mentre parla al telefonino sotto l’ombrellone?
Vogliamo sapere tutto, ha ragione Repubblica. Vogliamo sapere quali sono i nomignoli usati dai parlamentari Pd quando parlano fra di loro. Chi sarà Cicciolina? Chi sarà il ciccione? Goffredo Bettini o Giuseppe Fioroni? E chi sarà l’inglesino? Il cugino di Tony Blair? E pisellino? Di Pietro junior? Il nome in codice di Marrazzo? Possibile che nessuno, fra le centinaia di migliaia di telefonate che si scambiano ogni giorno a sinistra, si lasci scappare un’osservazione tipicamente machista del genere «quella ha certe tette...»? Vogliamo credere davvero che l’unica «Cicciolina» dell’intero sottobosco telefonico romano sia Monica Setta? Non ci crediamo, via il bavaglio, vogliamo sapere. E se venisse fuori che qualcuno del Pd commenta così le performance di Ilaria D’Amico, noi ne resteremmo sorpresi e sconvolti, naturalmente. Ma guai a censurare.
Via il bavaglio, vogliamo sapere tutto. Anche le telefonate dei capistruttura di Raitre alla fine di un qualche Ballarò particolarmente antiberlusconiano: li vogliamo sentire mentre esultano con quello stile che in viale Mazzini non è certo un’esclusiva Masi. «Gli stamo a spacca' il culo, so arrapato come una bestia». Avanti, mettiamoci comodi e ascoltiamo tutti gli arrapati: quanto ci vorrà? Un paio di lustri? Non importa. Vogliamo andare fino in fondo. C’è chi parla delle puttanate della Gabanelli? Trovate chi parla delle puttanate di Ferrara. C’è chi parla delle ambizioni di Feltri? Trovate chi parla delle ambizioni di Saviano. E se qualche compagno di coalizione sostiene che De Magistris ci ha messo due giorni per fallire come sindaco, ebbene, a malincuore noi lo vogliamo sapere.
La trasparenza ha le sue regole. Deve valere per tutti. «Mi hai visto da Santoro? Come sono andato?». «Una figura di merda». Ecco: vogliamo che sia pubblicato tutto, a costo di moltiplicare le figure di merda. D’altra parte che sia Masi che perde la faccia o D’Alema che perde la trebisonda, che importa? Vogliamo sapere. Vogliamo sapere le riflessioni di Eugenio Scalfari quando esce dallo studio della Dandini, anche se dovesse riflettere semplicemente sul fatto che «quella ha certe tette» (del resto, si sa, l’eros scuote l’anima sua). E vogliamo sapere se qualcuno, per caso, è rimasto colpito dall'«ottava misura» di qualche altra giornalista, magari che so? Lucia Annunziata. Di che vi scandalizzate? Avanti, via il bavaglio: vogliamo sapere chi frequenta la Picierno, se Fassino telefona alla Carmen Llera, quali sono gli studi serali con cui Marianna Madia rafforza la sua formazione politica. Vogliamo trovare chi dubita dell’intelligenza di Veltroni, chi dubita della lealtà di Letta (Enrico) e chi dubita delle virtù morali della Finocchiaro. E guai a chi s’indigna, guai a chi protesta.

Se qualcuno, chiacchierando a tarda sera, usa epiteti volgari rivolti a qualche gran dama della sinistra, noi lo vogliamo sapere. Di certo ne soffriremo. Ma che volete fare? Per la libertà di stampa questo e altro ancora.

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