Volontari e imprenditori: è il Paese che non si lagna

Ma come fa la politica a non vedere quant’è bella e viva questa Italia. Certo non è più il Belpaese di una volta, dopo il lifting devastatore degli ultimi quarant’anni, fuori città e lungo le coste, ma sta tornando bellissima dentro, nell’anima e nello spirito. Lo so, siamo sessanta milioni, chiaramente c’è di tutto, ci sono assassini e parassiti, cinici e loschi, egoisti ed evasori, perché non esiste realtà in cui bene e male comunque non si confrontino e non si confondano. Ma per quanti italiani vergognosi restino in circolazione, non possiamo chiudere gli occhi davanti allo spettacolo di quest’ultimo periodo, che magari non è paragonabile - date le proporzioni - al rinascimento di un dopoguerra, ma sicuramente richiama la nostra gloriosa tradizione, purtroppo anche un po’ folle, di diventare migliori nei momenti peggiori. Sì, guardiamoci in giro. È grandioso lo spettacolo di Genova. Proprio da qui, dal nucleo della desolazione, arrivano immagini stupende: chiuse le scuole e le università, i ragazzi non si sono riversati nei pub a rimbambirsi di cocktail, non si sono chiusi in casa davanti a Facebook, non si sono voltati dall’altra parte pensando solo ai loro vuoti passatempi, là dove noi adulti li immaginiamo sempre. Guardiamoli e impariamo, la lezione è esemplare: sono tutti per strada, negli scantinati, dentro i negozi, coperti di fango fino alle orecchie, spazzano e rimuovono, sudano e faticano, con un luminoso sorriso di soddisfazione e di speranza che li rende unici, come una meglio gioventù.
Molti chilometri più in là, in altre zone e in un altro mondo, gli imprenditori di mezza Italia si stanno scatenando in un’eccentrica e fantasiosa crociata, contro le bufere che sferzano il nostro debito pubblico. Un industriale toscano compra una pagina di giornale e invita chi può a sottoscrivere i nostri titoli di Stato. MilanoFinanza raduna 15mila fra capitani d’industria, manager, italiani qualunque, pronti a rispondere sì all’appello per ricomprare il debito del nostro Stato. Al Nord-Est, uguale tensione: anche qui, un incessante passaparola tra imprenditori per acquistare i titoli pubblici, così da diventare noi stessi padroni del debito nostro, sottraendolo alle crudeli speculazioni di chi ci vuole morti. Siamo più di sessanta milioni, tra di noi c’è di tutto, pure individui impresentabili e sanguinari, ma l’Italia vera, l’Italia giusta, l’Italia coraggiosa ha una prorompente voglia di combattere ancora. È partita una grande ribellione, forse tardiva, ma non fuori tempo massimo. Non è la ribellione chic e interessata di chi vuole cambiare governi e parlamenti solo per sedersi sulle stesse poltrone. Non è la ribellione dei rottamatori che sarebbero da rottamare loro stessi prima ancora di cominciare. Non è la ribellione di un no a qualcosa, sia la Tav o l’inceneritore. Non è la ribellione no global dei figli di papà. Questa è tutta un’altra cosa. Questa è la ribellione dell’orgoglio e della dignità. Una ribellione contro la crisi e le calamità, certo. Ma anche contro i beccamorti, gli sfascisti, i parolai, i meschini, i profittatori, contro quelli che se la suonano e se la cantano nei loro salotti tivù, berciando sugli avversari, sparando ricette astruse, ma sempre così tremendamente lontani dalla semplice realtà delle cose, e mai una volta che si rimbocchino davvero le maniche. I giovani studenti che corrono a Genova e gli attempati imprenditori che corrono in banca sono lontanissimi tra loro, idealmente e culturalmente, ma sono ugualmente preoccupati per questa Italia, la amano, hanno ancora voglia di lottare, di guardare avanti, di sorridere al futuro. Si sporcano le mani, ci mettono la faccia, e pure molti soldi. Come non riconoscere i lineamenti virtuosi di un nuovo patriottismo, molto più serio e sentito dello stupido surrogato che inalberiamo quando gioca la nazionale o scende in acqua Luna Rossa, molto meno livoroso e fazioso di quello che sboccia ogniqualvolta si discuta delle nostre guerre di pace in giro per il mondo. È un patriottismo generoso, fattivo, solidale. È una sincera passione per la propria terra e per la propria identità.

Non è il caso di fare subito del trionfalismo idiota, ma i segnali sono consolanti. Dall’aria che si respira in questi giorni neri, sembriamo persino pronti per un nuovo miracolo italiano: sulle macerie del Belpaese devastato e depresso, potrebbe finalmente nascere una bella nazione.

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