Il voltafaccia di Pisanu: ora è pronto a mollare Berlusconi e il Pdl

L’ex portaborse di Forlani, in Parlamento dal 1972, ora si spaccia per il "nuovo". Su Repubblica ha detto: "Silvio faccia un passo indietro. Serve un governo di larghe intese"

Il voltafaccia di Pisanu: 
ora è pronto a mollare 
Berlusconi e il Pdl

Ho controllato. Poi ho ricontrollato. E poi ho ricontrollato ancora. Devo confermare: Beppe Pisanu, nato a Ittiri (Sassari), il 2 gennaio 1937, risulta ancora iscritto al gruppo Pdl del Senato. Strano. Leggendo l’intervista pubblicata ieri su Repubblica, mi era venuto qualche dubbio: in effetti usa toni consoni più a un figlioccio di Bersani o a un seguace di Di Pietro che a un militante del centrodestra, per quanto critico. In sostanza, nel lungo colloquio con il quotidiano ha chiesto a Berlusconi di dimettersi perché c’è la crisi internazionale. Come si dice? È nel momento del bisogno che si vedono i veri amici. Per carità: continuo a pensare che solo i cretini non cambiano mai idea. Però ecco: bisognerebbe che i cambiamenti di idee così radicali fossero accompagnati per lo meno da una lettera di dimissioni. Dal gruppo Pdl. E magari anche dalla presidenza della commissione antimafia, una delle tante cariche che Pisanu ha ottenuto dal Cavaliere. Perché sarà pur vero che «la casa brucia», come dice l’ex ministro. Peccato che lui di quella casa non abbia mai curato l’impianto antincendio. Al massimo s’è preoccupato del salotto. E soprattutto delle poltrone.
Il passo più esilarante dell’intervista è quando dice che oggi in Italia «soffia un vento innovatore». Per cui ci vogliono novità. E quale sarebbe la straordinaria innovazione che Pisanu propone? Un governo delle «larghe intese». Perfetto, no? E le convergenze parallele? E il preambolo di Forlani? Ma sì, dai, già che siamo per innovare: perché non riesumiamo anche un governo Gronchi-Fanfani e magari il quadripartito con appoggio esterno del Partito repubblicano? Per l’innovazione siamo pronti a tutti, si capisce. Ma Beppe il nuovista non si accontenta di proporre formule così fresche e frizzanti. Macché: lui va oltre. E di fatto suggerisce, oltre che al modello politico, anche il modello umano. Cioè il nome della persona che dovrebbe incarnare il nuovo che avanza. Inutile dire che si tratterebbe, nella circostanza, del medesimo Pisanu. Poteva forse essere qualcun altro? Già: in fondo chi può far «soffiare un vento innovatore» meglio di uno che è in Parlamento dal 1972, che è stato sottosegretario nei governi Forlani, Craxi, De Mita e Goria, capo della segreteria politica di Zaccagnini dal 1975 e che ha votato la sua prima fiducia al governo Andreotti-Malagodi con Rumor all’Interno e Tanassi alla Difesa? Diciamocelo: in fatto di novità chi può far meglio di lui?
Nel 1972, quando Beppe l’innovatore entrò in Parlamento, gli Stati Uniti cominciavano a bombardare il Vietnam, Cuccureddu regalava lo scudetto alla Juve sul Milan di Nereo Rocco e a Sanremo vinceva un giovane e promettente cantante, Nicola di Bari. Ecco, lui è ancora lì. Il nuovo che avanza. E avanza così tanto che adesso, dopo aver fatto il capogruppo di Forza Italia alla Camera, il ministro per la verifica del programma e per lunghi anni il ministro dell’Interno di Berlusconi, scopre che Berlusconi appartiene a un passato da spazzare via a colpi d’intervista. Lui, invece, si iscrive di diritto al mondo futuro. «Se il vento innovatore non riuscirà a far avanzare cose nuove, si abbatterà furiosamente sulle vecchie», dice con tono baldanzoso. Senza rendersi conto che, in realtà, se il vento si abbatte davvero sulle cose vecchie, beh, a lui converrebbe trovare un riparo sotto al tavolo. Non si sa mai.
In effetti il vento potrebbe non capire che l’ex portaborse di Zaccagnini e sottosegretario di Forlani s’è messo la giacchetta dell’innovazione. E magari al vento potrebbe anche sfuggire che la formula democristiana delle larghe intese è diventata un elemento di novità. Per carità: Pisanu si spende molto nell’intervista a Repubblica. Dà patenti a chi può entrare nel governissimo («Sia Pdl, sia Pd», bontà sua). Poi ne approfitta per impartire un po’ di lezioni di economia alla Bce. Poi sale in cattedra per far scendere dall’alto il suo austero giudizio sulla Merkel e su Mario Monti. E infine, alleluia alleluia, chiama a raccolta gli «uomini di buona volontà», manco fosse l’arcangelo Gabriele davanti alla grotta di Betlemme. C’è solo una cosa che Beppe il nuovista proprio non riesce a digerire (oltre a Berlusconi, naturalmente): le elezioni. «Sarebbero una sciagura», dice. E come dargli torto? È noto che la democrazia si fonda proprio su questo principio: le elezioni sono una sciagura. Si corre persino il rischio che vinca chi prende più voti.
Lo sappiamo: non è da oggi che Pisanu assume posizioni autonome dal berlusconismo. Non è da oggi che cerca di prendere le cadreghe dal centrodestra e gli applausi dal centrosinistra. Ma gli archivi ricordano anche suoi interventi da fervente berlusconiano, come quello al Consiglio nazionale di Forza Italia nel febbraio 2005 in cui attaccò a spada tratta tutti coloro che avevano osato criticare Silvio. Ancora nel marzo 2009 al Corriere della Sera dichiarava: «Mi pare che il governo si stia muovendo bene» ed elogiava la «leadership unificatrice di Berlusconi». Ma forse allora non soffiava ancora il vento dell’innovazione. Si capisce: quel vento è in grado di rivoltare tutto. A proposito di rivolte: una delle ultime occasioni in cui le cronache si sono occupate di Pisanu quest’estate, prima dell’intervista di ieri a Repubblica, è stata a luglio quando i passeggeri del volo Roma-Alghero sono insorti contro di lui. Arrivato all’aeroporto con la moglie (in pashmina tricolore), si era fatto accogliere da una decina di persone, molte delle quali in alta uniforme come se fosse una visita di Stato. Invece era un viaggio privato. «Perché tanto dispiegamento di personale? E quanto ci costa ‘sta parata?», avevano urlato in molti.

E l’indignazione era salita al massimo quando alcuni agenti erano saliti a bordo dell’aereo per prendere una piccola borsa dei coniugi Pisanu, onde evitar loro l’affaticamento. Sembrava una scena da prima Repubblica. Chissà che invece non fosse anch’essa, a nostra insaputa, un soffio del vento innovatore. Prove tecniche di larghe intese, pashmina compresa.

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