Zeffirelli: «Allestirò un’Aida tutta d’oro»

Sabrina Cottone

da Milano

«Sarà un’Aida molto moderna, rivoluzionaria, diversa da quelle che ho portato per il mondo in questi anni». Franco Zeffirelli torna alla Scala con una produzione nuova: sarà sua la regia dell’Aida diretta da Riccardo Chailly che aprirà la stagione 2006-2007 del Piermarini. Il sovrintendente, Stephane Lissner, ha assicurato anche la presenza di Roberto Alagna nel ruolo di Radames e di Violeta Urmana in quello di Aida, le trattative con Olga Borodina potrebbero chiudersi già la prossima settimana. Per Zeffirelli è un grande ritorno, dopo anni di assenza dalle scene della Scala. E il maestro racconta il suo entusiasmo venato di amarezza: «La Scala ha perduto molto del mio lavoro migliore nel mondo, quello che ho compiuto al Metropolitan, a Londra, a Verona. Adesso però posso tornare a Milano con un bagaglio nuovo».
Che effetto le fa tornare alla Scala?
«Quasi non mi pare vero, provo un sentimento di grande gratitudine per avermi voluto dare ciò che in qualche modo da Milano mi era dovuto e cioè la possibilità di contribuire con qualcosa di nuovo. In questi anni la mia presenza è stata mantenuta solo con le riprese di mie vecchie produzioni come Bohème».
La sua prima Aida alla Scala è una delle messinscene novecentesche più note dell’opera. Possiamo aspettarci un’eco di quel lavoro?
«Quell’Aida è del 1962, un bel frutto della collaborazione con Lila De Nobili. Ma è improponibile oggi, perché è molto legata a quei tempi, al gusto di allora, è un trionfo della scenografia decorativa e incantata, nel solco delle tradizioni plastiche del melodramma».
Che cosa immagina invece per il 7 dicembre 2006?
«Mi sento maturo per una regia molto moderna, con una concezione scenica rivoluzionaria. Immagino una pulsazione in sintonia con la musica che vada al di là della divisione in atti e quadri. Penso a uno spettacolo continuo, senza un’identificazione precisa dell’ambiente, globale, con il Nilo che incombe e l’Egitto che incombe».
Ha in mente un colore dominante?
«Il colore è l’oro, l’oro che esce dal Nilo. Ci saranno l’oro e l’acqua. Porterò in scena l’Egitto immaginato come lo immagina un bambino, la mia visione personale, pittorica, fantasmagorica dell’Egitto: lucido, pieno di magia. La mia non sarà una ricerca archeologica ma un sogno, una memoria fantastica».
Ha già parlato con il maestro Chailly dell’opera?
«Abbiamo parlato più di una volta. È la prima volta che lavoro con Chailly, un direttore che amo e che stimo molto e sono molto contento di collaborare con lui. Sono convinto che Aida sia prima di tutto una grande storia d’amore, elemento che nella gran parte degli allestimenti si perde, sommerso dalla magniloquenza della vicenda storica. E invece Verdi ha umanizzato il fasto della memoria con la storia della giovane principessina che rifiuta la schiavitù e si riscatta con l’amore».
Lei ha già avuto modo di vedere la nuova macchina scenica del Piermarini. Pensa che si adatti alla sua idea di Aida?
«La mia Aida si servirà molto di tutti i nuovi meccanismi che sono stati realizzati alla Scala. Da questo punto di vista sarà come quella che ho realizzato per il Metropolitan, dove non c’è stato un trucco che non ho usato».


Quando verrà a Milano per misurare la sua Aida con le nuove potenzialità della Scala?
«Sarò alla Scala già la settimana prossima e vi resterò quindici giorni per condensare la mia idea di Aida. È il mio modo di lavorare: parto con un’idea iniziale e precisa da tirare giù con quattro linee di matita. Il mio progetto è già in vista ma non è ancora definito. Lo diventerà in questi giorni milanesi».

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