Il commercialista, l’imprenditore, l’avvocato «Così la gente comune ha aiutato le cosche»

Riceviamo e pubblichiamo:

"La posizione del Tenente Colonnello Giuseppe Romeo è stata archiviata dal Giudice per le Indagini Preliminari su richiesta dell'Autorità inquirente, non essendo stati raccolti elementi a carico dell'Ufficiale. Ciò ha dimostrato l'assoluta estraneità del Dott. Giuseppe ROMEO ai fatti"

È la «zona grigia». O come la chiama il giudice Giuseppe Gennari, il «capitale sociale». Sono politici, imprenditori, avvocati, carabinieri, professionisti. È - per usare ancora le parole usate dal magistrato - «quella rete fittissima di relazioni che permettono» alle cosche «una formidabile capacità di penetrazione nei gangli della società civile». Così, in sostanza, la ’ndrangheta acquisisce spazi di manovra in Lombardia. Grazie anche agli appoggi occasionali di quanti hanno da guadagnare dai rapporti opachi con i boss. è un lungo elenco di nomi, quello allegato all’ordinanza di custodia cautelare che ha portato in carcere 35 affiliati del crimine organizzato. Si tratta di «vincoli che non permettono l’attribuzione al soggetto esterno della qualifica di associato», con il risultato «quasi paradossale che uno dei maggiori aspetti di pericolosità del fenomeno» mafioso «rischia di sfuggire a ogni sanzione penale».
Ed eccolo, dunque, il «capitale sociale» della ’ndrangheta lombarda. C’è carlo Chiriaco, direttore sanitario della Asl di Pavia (già finito nell’inchiesta «Infinito» che ha portato ai 170 arresti del luglio scorso), ci sono quattro carabinieri del nucleo di Rho, ritenuti vicini alla cosca locale, c’è Ivano Perego, amministratore di numerose società che fanno capo al gruppo omonimo e indicato come «partecipe del sodalizio criminale», Andrea Madaffari, vicepresidente della Kreiamo spa, ritenuta uno dei bracci finanziari della cosca dei Barbaro-Papalia, e la Ianomi spa, società a partecipazione pubblica «che si presenta fortemente collusa». Ancora, Luciano Lampugnani, avvocato con studio a Rho e raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare per i legami con il clan Valle, così come l’imprenditore edile Rodolfo Mandelli. Ci sono Massimo Ponzoni e Antonio Oliverio, già assessori in Regione e Provincia, in rapporti con Salvatore Strangio, Arturo Baldassarre, consigliere comunale di Paderno Dugnano, che mette a disposizione il centro «Falcone-Borsellino» per un’importante riunione di mafia, Massimiliano Buonocore, «colui che introduce Pepè Flachi nelle amministrazioni pubbliche». C’è Giovanni Dagnello, comandante della polizia municipale di Lurago D’Erba, «che effettua interventi in favore dei componenti della locale di Seregno». E poi Pietro Pilello, noto commercialista con incarichi in enti pubblici, in contatto con due boss attivi a Milano e Pavia, un altro commercialista - Giovanni Santoro - il cui studio è la sede legale delle società che fanno capo agli indagati.

C’è Pasquale Morando, funzionario delle dogane «che si presta ad avere un rapporto privilegiato con Pietro Panetta, a capo della locale di Cormano», Bruno Bricolo, funzionario di banca che ha costanti rapporti con la famiglia Valle, e Giuseppe Romeo, comandante provinciale dei carabinieri di Vercelli che «chiede aiuto a Salvatore Strangio per consultazioni elettorali in cui vuole candidarsi». È solo una parte della «fittissima rete» di cui parla il giudice. Ma la «zona grigia» è un tassello fondamentale, per le cosche.

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