122 metri sott'acqua: il record di Arnaud Jerald al Wimbledon dell'apnea

Senz'aria per 3 minuti e 34 secondi per infrangere il primato mondiale: nel 2023 il marsigliese si superò alle Bahamas

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Lo specchio d'acqua è cinto da un perimetro galleggiante. In mezzo scorre una corda, che conduce verso le profondita abissali. Fuori sembra il paradiso, dato che siamo alle Bahamas, ma se sbagli qualcosa, se sottovaluti la sfida, rischia rapidamente di trasformarsi in un girone infernale. Arnaud Jerald lo sa. Non è certo la prima volta che discende e risale fendendo l'acqua, in apnea. Ma di sicuro l'apneista di Marsiglia sa anche che oggi deve di nuovo infrangere un record mondiale.

Ha ventisette anni quando ci prova, Arnaud: agosto 2023. La discesa vertiginosa che lo attende si chiama, evocativamente, Vertical Blue. Per cimentarsi con questo tipo di sport serve una preparazione fisica e mentale assolutamente scrupolosa. Niente può essere lasciato al caso. L'approssimazione può rivelarsi fatale. E poi non si scende verso quei fondali che si fanno più spessi e tetri ad ogni metro per partecipare. C'è da battere il record del russo Alexey Molchanov, uno che a maggio di quell'anno è arrivato fino a 121 metri.

Gli addetti ai lavori hanno da tempo ribattezzato questo scenario e questa gara in un modo che non lascia spazio ad eventuali perplessità. Questa è la competizione più importante di tutte. Questa è il Wimbledon dell'apnea. Arnaud si prepara all'impresa con la consapevolezza di chi, seppure ancora giovanissimo, ha già infranto il record sette volte. L'ottava è proprio qui e ora, appena - si fa per dire - 122 metri sotto di lui. Assume la giusta cadenza di respiri. Spegne il rumore bianco che inevitabilmente, tutto intorno, producono assistenti, colleghi - alla gara si presentano in quarantaquattro - e paramedici.

Scende fin dove deve, Arnaud. Tocca la placca metallica fissata alla prodondità che gli consente di strappare il primato e torna su. In tutto fanno 3 minuti e 34 secondi passati in apnea, in discesa, sottoposto alla pressione sempre più forte della muraglia d'acqua e ai rischi di una risalita che deve essere rapida per tornare a ossigenare i tessuti, eppure calibrata, per scongiurare embolie.

Quando finalmente increspa la superficie e torna a respirare a bocca aperta, sa di aver nuovamente superato i suoi limiti. Le tv di mezzo mondo riprendono il suo pugno alzato dalla barchette circostanti. Da qualche parte, anche il nostro Umberto Pellizzari applaude.

Jerald si issa su una piattaforma galleggiante e scruta l'orizzonte limpido intorno all'atollo. Il tempo per riposarsi è compresso, come il respiro sott'acqua. Pensa già a come scendere di un metro ancora, la prossima volta.

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